Bruxelles – Non è possibile fare di tutta l’erba un fascio. È questa l’indicazione che arriva dalla Commissione europea in seguito al discusso decreto varato dal governo Meloni, che impone ai richiedenti asilo di pagare una cauzione di circa 5 mila euro per poter aspettare l’esito della richiesta in libertà e non in centri di detenzione amministrativa. “È necessario che tutte le decisioni siano prese in base a una valutazione individuale. Queste misure alternative alla detenzione devono soddisfare il test di proporzionalità”, ha dichiarato oggi (25 settembre) la portavoce dell’esecutivo Ue, Anitta Hipper.
A chiamare in causa Bruxelles, qualora ce ne fosse stato bisogno, è stato proprio il Viminale, con il ministro Matteo Piantedosi che ha dichiarato che la norma introdotta dal governo non fa altro che adeguare il regolamento ad una direttiva europea. Si tratta della direttiva sulle condizioni di accoglienza, che risale al 2013, e che dispone che “gli Stati provvedono affinché il diritto nazionale contempli le disposizioni alternative al trattenimento, come l’obbligo di presentarsi periodicamente alle autorità, la costituzione di una garanzia finanziaria o l’obbligo di dimorare in un luogo assegnato”. La misura, giudicata dall’opposizione come incostituzionale per il fatto che introduce una discriminante economica nel trattamento delle persone migranti, è in effetti prevista dalla direttiva Ue, ma a condizione che soddisfi “il test di proporzionalità” e che venga valutata caso per caso.
Nello specifico, la “garanzia finanziaria” istituita dal governo permette alle persone migranti provenienti da paesi giudicati come sicuri (che quindi difficilmente si vedrebbero approvata la richiesta di asilo) di pagare 4.938 euro per attendere il periodo previsto per il trattamento delle procedure accelerate – varate con il decreto Cutro – in libertà anziché in stato di detenzione. La cifra, ha spiegato il ministero dell’Interno, è stata calcolata stimando le spese di alloggio per i 28 giorni previsti per la valutazione della domanda, le spese quotidiane e le spese per il volo di rimpatrio, in caso di esito negativo della richiesta.
L’indicazione della Commissione europea non sarà sufficiente a evitare la messa in atto di una norma che è entrata immediatamente in vigore, ma potrà contribuire a evitare generalizzazioni nella sua applicazione. Con conseguenti rischi di trattamento discriminatorio.