Bruxelles – La risposta delle autorità italiane alle denunce di violenza domestica subite dalle donne è “inefficace e tardiva”. È stato il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (che non è un’istituzione dell’Unione europea) a notare “con preoccupazione” che i dati forniti da Roma “mostrano una persistente alta percentuale di procedimenti per violenza domestica e sessuale archiviati nella fase delle indagini preliminari, un uso limitato degli ordini di protezione e un tasso significativo di violazione degli stessi”. L’organo esecutivo dell’organizzazione si è espresso in questi termini dopo aver esaminato le misure, apparentemente insufficienti, prese da Roma per risolvere quei problemi che hanno portato più volte la Corte europea dei diritti umani a condannare l’Italia a causa della “risposta inefficace” alle denunce. Il Paese conta 81 donne uccise nel 2023, che non è ancora giunto al termine. In media, una ogni tre giorni.
Strasburgo ha sottolineato più volte i passi avanti fatti dalle autorità italiane su diversi fronti che “riflettono la loro continua determinazione a prevenire e combattere la violenza domestica e la discriminazione di genere”. Ma questo non è bastato al comitato dei ministri del Consiglio d’Europa, che ha chiesto a Roma di fornire una serie di informazioni dettagliate entro il 30 marzo del prossimo anno sui procedimenti per violenza domestica e sessuale, gli ordini di protezione e le violazioni di questi ultimi. Non solo: ci si aspetta anche indicazioni sulle “azioni concretamente intraprese e i progressi tangibili raggiunti” attraverso il piano nazionale contro i pregiudizi e gli atteggiamenti che alimentano la violenza di genere e la discriminazione, che le autorità dovrebbero attuare.
Nel frattempo, tra Roma e Strasburgo sembrano esserci continue incomprensioni: il comitato dei ministri del Consiglio d’Europa ha chiesto che siano “conclusi rapidamente i procedimenti penali – ancora in corso – contro gli aggressori” di due donne che hanno vinto la loro causa alla Corte europea dei diritti dell’uomo (Cedu) a metà del 2022. Oltre a esprimere “preoccupazione per il pignoramento” di un risarcimento danni nei confronti di una vittima, che era stato invece stabilito dai togati di Strasburgo. L’Italia ha tempo fino al 15 dicembre per fornire chiarimenti sugli esiti dei processi e per pagare il risarcimento dei danni morali di una terza vittima, anch’esso deciso dai giudici della Cedu.