Bruxelles – Era solo questione di ore, prima della furiosa risposta di Bruxelles. Una volta venuto a galla il presunto scandalo dei 250 mila visti Schengen venduti negli ultimi due anni da funzionari di numerosi consolati polacchi in tutto il mondo, la Commissione europea ha dovuto fare la voce grossa. “Queste accuse sono molto preoccupanti e aprono domande legittime sul rispetto delle leggi comunitarie“, è stato il commento dell’esecutivo Ue affidato alla portavoce Anitta Hipper.
“Stiamo seguendo i resoconti sui media riguardo a queste accuse di frode e corruzione molto da vicino”, ha confermato la portavoce. Si è attivata immediatamente la commissaria per gli Affari Interni, Ylva Johansson, che ha indirizzato una lettera a Varsavia chiedendo rapidi ed esaustivi chiarimenti. “Contiamo che le autorità polacche forniscano le informazioni necessarie per le indagini”, ha commentato Hipper. Entro il 3 ottobre, come specificato nero su bianco da Johansson.
L’allarme sui visti concessi da Varsavia sarebbe partito da altri Paesi Ue dopo aver notato un’impennata di ingressi sul loro territorio di cittadini africani e asiatici con lasciapassare polacco. E in effetti nel 2022, secondo i dati registrati dall’Ufficio statistico dell’Ue, la Polonia è stata il Paese che ha concesso il maggior numero di permessi di ingresso a cittadini extra-europei: 700 mila, ben al di sopra di Germania (538 mila), Spagna (457 mila), Italia (337 mila) e Francia (324 mila). Ancora di più nel 2021, in cui Varsavia aveva rilasciato poco meno di un milione di visti. Di questi, la stragrande maggioranza è stata riservata a bielorussi e ucraini, ma solo nel 2022 150 mila sono andati a cittadini provenienti da Paesi asiatici e africani. Secondo diversi media polacchi dal 2021 si è assistito a un vero e proprio sistema consolidato di traffico di visti: 250 mila permessi per la Polonia, e quindi per tutta l’area Schengen, rilasciati senza il minimo controllo, in cambio di cifre che arrivano fino a 5 mila dollari l’uno.
Una bomba a orologeria che il governo polacco di Mateusz Morawiecki sta cercando in tutti i modi di contenere, ma che è scoppiata con precisione da cecchino ad appena un mese dalle elezioni nazionali del prossimo 15 ottobre. Elezioni cruciali anche per gli equilibri in Ue, attuali e futuri. Per questo e altri motivi, il tempismo con cui è emerso lo scandalo rischia di essere fatale per il leader conservatore. A livello nazionale, uno scandalo di tale portata all’interno del Ministero degli Esteri è un clamoroso autogol, con il leader dell’opposizione Donald Tusk che è già partito all’attacco definendo la vicenda “il più grande scandalo del ventunesimo secolo in Polonia”. A livello europeo potrebbe essere anche peggio: il governo ultraconservatore di Morawiecki si è sempre opposto fermamente a qualsiasi forma di accoglienza condivisa per le persone migranti e sta bloccando in tutti i modi la finalizzazione del Nuovo Patto per la Migrazione e l’Asilo. La retorica di Morawiecki e del PiS (il partito Diritto e Giustizia) è fortemente incentrata sul rifiuto dell’accoglienza e sul rafforzamento dei confini nazionali, condivisa con gli unici due leader che gli sono rimasti fedeli alleati sul tema: l’ungherese Viktor Orban e la premier italiana Giorgia Meloni.
A Varsavia respingono le accuse: il ministro degli Interni, Mariusz Kaminski, in un’intervista su un’emittente radiofonica nazionale, le ha definite “assurde” e ha puntato il dito contro l’opposizione, colpevole di “fare campagna elettorale” su una vicenda che avrebbe una portata molto più ridotta. Canto del cigno o no, il tentativo del governo di smarcarsi dallo scandalo è appena cominciato: Morawiecki dovrà delle spiegazioni a Bruxelles entro il 3 ottobre e dovrà convincere l’opinione pubblica nazionale entro il 15 ottobre. Giorno in cui, oltre a votare per il futuro governo, gli elettori polacchi sono per di più chiamati a esprimersi, con un referendum indetto dal premier, sullo spauracchio di un meccanismo di redistribuzione obbligatorio di migranti in Ue.