Bruxelles – Le contraddizioni della politica del governo Meloni in materia di migrazione e asilo iniziano a salire a galla. Perché se non avevano mai convinto gli analisti le attribuzioni di un presunto “successo” sull’intesa dello scorso 8 giugno su due file-chiave del Patto Ue, ora le frizioni con Germania e Francia sul meccanismo di solidarietà volontaria per i ricollocamenti di persone migranti offrono un’anteprima di quello che potrebbe accadere sul lungo periodo. La solidarietà degli altri Paesi membri è vincolata alla responsabilità nel rispettare gli impegni secondo il Meccanismo di Dublino, che – a differenza di quanto sempre sostenuto dall’Italia – non sarà superato con il Patto. Anzi, le regole saranno rafforzate e per l’Italia il rischio concreto è quello di perdere i benefici della solidarietà obbligatoria prevista dal Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (Ramm).
Ad alimentare le polemiche sulla questione dei ricollocamenti di persone migranti è stata la decisione annunciata ieri (13 settembre) dai governi di Berlino e Parigi di sospendere il meccanismo di solidarietà volontaria nei confronti dell’Italia, a causa del quasi irrisorio numero di ‘dublinanti’ accolti secondo le regole del Regolamento di Dublino. Si tratta di quelle persone migranti la cui richiesta di asilo dovrebbe essere esaminata dal primo Stato membro Ue a cui accedono, ma che nell’attesa si sono spostate in modo irregolare in un altro Stato dell’Unione. Come emerge dagli ultimi dati dell’Asylum Information Database, nel 2021 su 19.936 richieste ricevute da Roma sono seguiti 1.462 trasferimenti di persone migranti. Il 7 per cento. Ecco perché Germania e Francia hanno deciso di sospendere – almeno momentaneamente – il meccanismo siglato nel giugno 2022 e rinnovato lo scorso 25 maggio, che a oggi conta 2.808 ricollocamenti sugli 8 mila stabiliti dai Paesi di primo approdo agli altri aderenti (di cui 1.159 dall’Italia). “Dobbiamo assicurare la solidarietà, domani lo ricorderemo alla piattaforma del meccanismo per i ricollocamenti, per vedere come gestirla insieme”, è stato il commento della portavoce della Commissione Ue responsabile per Affari interni e migrazione, Anitta Hipper.
“Le soluzioni non possono essere sul piano nazionale ma solo a livello europeo, penso che non ci siano alte opzioni se non concludere il Patto sulla migrazione“, è stata l’esortazione della presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, a cui ha fatto eco la numero uno dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, nel corso del suo discorso sullo Stato dell’Unione: “Ho sempre avuto la ferma convinzione che la migrazione debba essere gestita, occorre un lavoro paziente e duraturo con i partner principali e ha bisogno di unità all’interno della nostra Unione”. Eppure proprio il Patto migrazione e asilo è destinato a rendere questa situazione di criticità più strutturale, in caso di mancato rispetto degli impegni presi. Va ricordato che nell’intesa tra i Ventisette sul Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione – che è ora in fase di trilogo con il Parlamento Ue – le regole di base di Dublino sono rimaste e ci sono ancora più responsabilità per i Paesi di primo arrivo, sia come durata sia nel meccanismo per applicarlo.
Se il Patto dovesse essere approvato entro la fine della legislatura, i Paesi come Germania e Francia che vogliono ‘dublinare’ queste persone migranti (cioè in altre parole estradare), dovranno semplicemente inviare una notifica, non una richiesta di processo reciproco. E nel caso in cui i Paesi di primo arrivo come l’Italia non accetteranno le procedure, ci sarà un impatto negativo sul loro diritto alla solidarietà previsto dallo stesso Regolamento Ramm: il meccanismo di solidarietà obbligatoria (non ricollocamenti obbligatori, va precisato), attraverso cui tutti i Paesi membri dovranno dare il proprio sostegno, potendo scegliere tra ricollocamenti e un contributo finanziario pari a 20 mila euro per persona migrante non accolta. Se oggi non rispondere o non accettare le procedure è relativamente semplice nel 93 per cento dei casi (del 2021), fare lo stesso con il nuovo Patto sarà più difficile proprio per il rischio di perdere i pochi benefici concessi. Anche per questa ragione il governo Meloni sostiene il via libera alla proposta di compromesso della presidenza spagnola del Consiglio dell’Ue sull’unificazione del Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore e quello sulla strumentalizzazione nel campo della migrazione e dell’asilo, che permetterebbe di sospendere i trasferimenti dei ‘dublinanti’ verso Stati membri di frontiera che stanno affrontando la “crisi”.
Oltre i ricollocamenti, il Patto migrazione e asilo
Il Patto migrazione e asilo è stato presentato dalla Commissione Europea il 23 settembre 2020 ma, di fronte alle difficoltà del processo negoziale, nel settembre dello scorso anno i co-legislatori hanno concordato una tabella di marcia per adottare nove file entro la fine della legislatura (nella primavera del 2024). In fase di negoziati inter-istituzionali ci sono già quattro file: quello sul Regolamento per la gestione dell’asilo e della migrazione (dal 13 giugno), sul Regolamento sullo screening (25 aprile), sul Regolamento modificato sulle procedure di asilo (iniziati il 18 aprile a livello di principi generali e ripresi il 13 giugno) e sul Regolamento Eurodac modificato (dal 15 dicembre). Sempre il 15 dicembre è stato raggiunto un accordo politico su tre dossier (ereditati dai negoziati sulle proposte della Commissione del 2016): la Direttiva sulle condizioni di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, il Regolamento sul nuovo quadro di reinsediamento e il Regolamento sulle qualifiche.
Dei nove file del Patto migrazione e asilo secondo la tabella di marcia di settembre 2022 al Consiglio manca ora all’appello il Regolamento per le crisi e le cause di forza maggiore (gli eurodeputati hanno adottato la propria posizione lo scorso 20 aprile), mentre il Parlamento Europeo non ha ancora trovato un’intesa sulla Direttiva sui rimpatri (i 27 ministri partono invece dalla posizione parziale negoziata nel giugno 2019).
Al di fuori dei nove dossier previsti dalla tabella di marcia per adottare il Patto migrazione e asilo entro la fine della legislatura (nella primavera 2024) ci sono altre cinque dossier, di cui solo due sono stati adottati: la Direttiva Blue Card nel maggio 2021 e la trasformazione dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (Easo) nell’Agenzia europea per l’asilo (Euaa), da gennaio dello scorso anno. I mandati negoziali del Parlamento Ue sulla Direttiva modificata sui soggiorni di lungo termine e quello sulla Direttiva modificata sulla procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico di soggiorno e lavoro devono invece essere ancora adottati dal Consiglio dell’Ue. Nessuno dei due co-legislatori è invece avanzato sul Regolamento sulla strumentalizzazione nel campo della migrazione e dell’asilo, con nuovi stalli emersi a luglio tra i 27 ministri degli Affari interni da risolvere al più tardi – per le tempistiche tecniche – entro la riunione del 19-20 ottobre.