Bruxelles – La situazione non cambia. Cambiano le stime, quelle dell’andamento di crescita e inflazione, ma non il contesto. “L’inflazione continua a diminuire, ma ci si attende tuttora che rimanga troppo elevata per un periodo di tempo troppo prolungato“, e allora la Banca centrale europea aumenta ancora i tassi di interesse principali di altri 25 base come paventato. Un nuovo ritocco dello 0,25 per cento per cui, dal 20 settembre prossimo, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale raggiungerà il 4,5 per cento, il tasso di interesse sulla linea di rifinanziamento marginale toccherà quota 4,75 per cento e il tasso di interesse sulla linea di deposito arriverà a 4 per cento.
L’istituto di Francoforte difende il suo operato. In base alla sua attuale valutazione, il Consiglio direttivo ritiene che i tassi di interesse di riferimento della Bce abbiano raggiunto “livelli che, mantenuti per un periodo sufficientemente lungo, forniranno un contributo sostanziale a un ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo“, vale a dire ricondurre l’indice del costo della vita attorno al 2 per cento.
Questo passaggio del documento di fine seduta la presidente della Bce, Christine Lagarde, lo legge più volte e decide di soffermarcisi perché qui è racchiusa l’intenzione sul da farsi in futuro. L’intenzione è mettere il rialzo dei tassi in pausa. Anche perché, ammette la francese, “c’erano membri che avrebbero preferito fermarsi”. Questa volta, in sostanza, nessuna unanimità. “C’è stata un’ampia maggioranza per la decisione presa oggi”, vale a dire un nuovo aumento di un quarto di punto.
La Bce e la sua presidente continuano a dichiararsi “dati-dipendente”. Sulla base dell’andamento deciderà cosa farsi. Oggi la scelta di un nuovo aggiustamento dei tassi all’insù sembra essere giustificata proprio dai numeri. Le proiezioni macroeconomiche di settembre formulate dagli esperti della Bce per l’area dell’euro indicano un tasso di inflazione pari in media al 5,6 per cento nel 2023, al 3,2 per cento nel 2024 e al 2,1 per cento nel 2025. Si tratta di una revisione al rialzo per il 2023 e il 2024 e al ribasso per il 2025.
“La decisione di oggi riflette lo scenario per l’inflazione sulla base dei dati a disposizione”, sottolinea Lagarde. Era dunque giustificato continuare a seguire la via dell’aumento dei tassi, considerando che le decisioni passate si stanno trasmettendo all’economia reale. “Le condizioni di finanziamento si sono inasprite ulteriormente e frenano in misura crescente la domanda, che rappresenta un fattore importante per riportare l’inflazione all’obiettivo”.