Bruxelles – Dall’alto verso il basso, dal basso verso l’alto. È duplice la strategia dell’Unione Europea per diventare leader globale nella catena di valore dei semiconduttori: da una parte la legislazione comunitaria – l’European Chips Act – e dall’altra la spinta delle regioni per una cooperazione sempre più stretta. Mentre si attende l’entrata in vigore della legge Ue sui microchip (che il direttore generale di Dg Connect della Commissione, Roberto Viola, ha anticipato che accadrà “tra pochi giorni”), ha visto la luce l’Alleanza delle regioni europee sui semiconduttori, un’iniziativa disegnata sugli obiettivi paralleli di “sfruttare al meglio le potenzialità del Chips Act” e di “attrarre investimenti” pubblici e privati per rendere realtà le promesse di raddoppiare la quota di mercato globale dell’Ue nel settore dei semiconduttori entro il 2030.
Presentata oggi (7 settembre) a Bruxelles, l’Alleanza delle regioni europee sui semiconduttori è stata lanciata in collaborazione tra il Comitato europeo delle regioni (CdR) e la Sassonia: “La microelettronica garantirà la nostra competenza digitale per la lotta ai cambiamenti climatici e alla transizione verde e digitale“, ha voluto sottolineare il ministro-presidente dello Stato tedesco e capo-fila dell’iniziativa, Michael Kretschmer, nel suo discorso di inaugurazione. I semiconduttori sono materiali in grado di consentire o bloccare il passaggio di elettricità, che compongono i microchip, piccoli dispositivi che possono memorizzare grandi quantità di informazioni: si tratta di componenti essenziali per un’ampia gamma di prodotti: carte di credito, automobili, smartphone, sistemi di intelligenza artificiale, reti 5G e Internet of things. Ecco perché è cruciale la promozione della crescita e della competitività dell’industria dei semiconduttori nelle regioni europee, attraverso la condivisione delle conoscenze e delle migliori pratiche e la promozione dell’innovazione: l’Alleanza fornirà così una piattaforma di dialogo con la Commissione Ue nell’attuazione dell’European Chip Act.
L’Alleanza comprende 27 regioni di 12 Stati membri, tra cui anche il Piemonte in Italia (che si è candidato per la vicepresidenza). Il record di regioni aderenti è della Germania con 10 (Amburgo, Assia, Baden-Württemberg, Bassa Sassonia, Baviera, Saarland, Schleswig-Holstein, Sassonia, Sassonia-Anhalt e Turingia), seguita da Spagna con 4 (Andalusia, Catalogna, Paesi Baschi e Valencia), Austria con 2 (Carinzia e Stiria), così come Finlandia (Tampere e Helsinki) e Paesi Bassi (Brabante e Flevoland). Tutti gli altri Paesi vedono invece la partecipazione di una sola regione ciascuno: Belgio (Fiandre), Francia, (Alvernia-Rodano-Alpi), Portogallo (Regione Centro), Repubblica Ceca (Moravia Meridionale), Regno Unito (Galles) e Irlanda (come Stato). Per le regioni europee il successo del Chips Act “è fondamentale, perché senza una fornitura sicura di semiconduttori non è possibile una produzione industriale funzionante”, si legge nella dichiarazione. Gli investimenti non fatti oggi, saranno persi per sempre: “Le aziende produttrici di semiconduttori avranno poi creato impianti di produzione al di fuori dell’Europa”.
Come sottolineato dall’assessore a Bilancio, finanze e programmazione economico-finanziaria della Regione Piemonte, Andrea Tronzano, “c’è entusiasmo per l’inizio di una nuova era con l’European Chips Act, perché di questo si tratta” e la nuova Alleanza “è un passo avanti notevole su governance e strategie”. La dichiarazione firmata oggi “permetterà di fare fronte comune in un settore che ha sempre più rilevanza sulla vita e sulla produzione industriale”. Come spiegato a Eunews dallo stesso assessore, il Piemonte ha “intuito questa opportunità”, considerata la “filiera robusta nel settore dei microchip” in Piemonte, “che va dalla produzione dei macchinari fino a quella dei wafer di sicilio”. L’Alleanza “per noi può attirare risorse nell’ambito dei progetti europei”, perché “più regioni che hanno specificità si mettono insieme ciascuno con la propria, e i fondi europei che attiriamo con il Chips Act possono coprire una parte degli investimenti in produzione, ricerca, innovazione o espansione di imprese”. Le altre regioni italiane hanno invece snobbato l’occasione, “ma c’è tempo fino al 10 settembre” per firmare la dichiarazione, ha voluto ricordare Tronzano.
Una dichiarazione in 10 punti che vuole spingere le regioni a prendere “posizione nei confronti dei rispettivi governi centrali e della Commissione Ue” in particolare sul piano dei fondi, con l’obiettivo di “ottenere la massima flessibilità e rapidità nell’esame e concessione degli aiuti di Stato“. L’avvio di progetti di ricerca congiunti mira a promuovere le nuove tecnologie e le innovazioni “Made in Europe”, compresi gli approcci risolutivi per una produzione più sostenibile di semiconduttori nell’ambito del Green Deal: riduzione dell’impatto ambientale e del consumo di risorse naturali, espansione delle energie rinnovabili in loco, riciclo delle materie prime e creazione di reti interconnesse. Ma le regioni pressano sul possibile divieto di utilizzare sostanze chimiche pericolose: “Metterebbe a rischio la sopravvivenza dell’industria dei semiconduttori”. Oltre alla cooperazione nel campo dell’istruzione – con un’Accademia europea dei semiconduttori e una nuova Comunità della conoscenza e dell’innovazione – il focus sarà sulla cooperazione interregionale e interstatale, anche sul piano dei rapporti con partner internazionali. Il network dovrà spingere anche la creazione di reti con altre associazioni industriali e gruppi europei, “come la rete Solar Industry Regions Europe”.
Lo stato degli investimenti nei semiconduttori in Europa
Non è un caso se è stato proprio lo Stato tedesco della Sassonia a farsi promotore dell’iniziativa delle regioni europee sui semiconduttori. Come confermato dalle notizie degli ultimi mesi sull’apertura di nuovi stabilimenti industriali nel campo dei microchip, la cosiddetta ‘Silicon Saxony’ sta diventando sempre più il centro della futura sovranità tecnologica europea. L’ultimo in ordine cronologico è stato il colosso taiwanese Tsmc (Taiwan Semiconductor Manufacturing Company) ha deciso di stanziare 3,5 miliardi di euro sulla costruzione di una fabbrica per la produzione di microchip a Dresda, coinvolgendo nell’operazione anche due aziende tedesche – Bosch e Infineon Technologies Ag – e l’olandese Nxp Semiconductors (con gli investimenti oltre la soglia dei 10 miliardi di euro). Sempre in Sassonia sarà costruito un nuovo stabilimento di semiconduttori di Infineon Technologies Ag (a Dresda), mentre Intel ne sta costruendo due (a Magdeburgo) dopo la firma della lettera d’intenti sull’aumento degli investimenti a 30 miliardi di euro in cambio di maggiori aiuti di Stato.
Fuori dalla Germania, saranno stanziati 12 miliardi di euro in Polonia, presso Breslavia, per impianti di confezionamento e test dei microchip (di cui 4,2 da Intel) e altri grossi investimenti sono stati annunciati a Catania e Grenoble (Francia) per le attività di ricerca e sviluppo e di pre-industrializzazione grazie a un prestito da 600 milioni di euro all’azienda STMicroelectronics. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, lo scorso 7 luglio ha reso noto che “da quando abbiamo proposto l’European Chips Act nel febbraio dell’anno scorso, sono stati annunciati più di 90 miliardi di euro in investimenti industriali in Europa“. Tutto tace invece sul fronte italiano di Intel: nell’autunno dello scorso anno sembrava cosa fatta l’investimento storico da 4,5 miliardi di euro, con la scelta che sembrava ricaduta su Vigasio (Verona), ben collegato per il trasporto delle merci in arrivo da Magdeburgo su ruota e ferrovia, trovandosi in posizione geografica strategica lungo l’asse del Brennero che collega l’Italia alla Germania. Ma da allora tutto si è fermato, anche se Eunews fonti del Ministero delle imprese e del made in Italy fanno sapere che con Intel “proseguono le interlocuzioni per una presenza dell’azienda in Italia“.
Cos’è l’European Chips Act
A Bruxelles è arrivato lo scorso 25 luglio il via libera finale all’European Chips Act, la legislazione comunitaria sui microchip che – a partire dalla proposta della Commissione – fissa l’obiettivo di raddoppiare la quota di mercato globale dell’Ue nel settore dei semiconduttori entro il 2030, dal 10 ad almeno il 20 per cento. Che, in altri termini, equivale in realtà a quadruplicare la produzione dei microchip, dal momento in cui il settore è destinato a raddoppiare esso stesso nel prossimo decennio.
Sul piano dell’architettura finanziaria l’European Chips Act mobiliterà 43 miliardi di euro in investimenti pubblici e privati, di cui 3,3 miliardi dal bilancio dell’Ue, concentrandosi su tre pilastri fondamentali. Il primo è Chips for Europe, l’iniziativa che metterà in comune le risorse dell’Unione, degli Stati membri, del settore privato e dei Paesi terzi associati ai programmi esistenti Ue per sostenere lo sviluppo di capacità tecnologiche e le relative attività di ricerca e innovazione. Su questo punto sarà creato un nuovo obiettivo per i semiconduttori nell’ambito del Programma Europa Digitale (da 3,3 miliardi di euro, appunto, nei limiti dell’accordo sul Quadro finanziario pluriennale, aggiungendosi alle risorse già stanziate anche dallo Strumento per la ripresa e la resilienza). Il coordinamento arriverà dal partenariato pubblico-privato Chips Joint Undertaking, che sarà responsabile della selezione dei centri di eccellenza nell’ambito del suo programma di lavoro.
Il secondo pilastro è il nuovo quadro per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento e la resilienza, attirando maggiori investimenti. Tra i cosiddetti impianti ‘primi nel loro genere’ sono inclusi quelli che producono apparecchiature utilizzate nella produzione di semiconduttori, potendo così beneficiare di procedure accelerate per la concessione dei permessi. A questo si aggiunge il fatto che i centri di progettazione che migliorano “in modo significativo” le capacità dell’Unione nella progettazione di microchip innovativi possono ricevere il marchio europeo di centro di progettazione di eccellenza, con misure di sostegno dai Paesi membri. Il terzo pilastro è invece il meccanismo per monitorare la catena di fornitura dei semiconduttori e coordinare le azioni in situazioni di crisi, attraverso cui gli indicatori di allerta precoce negli Stati membri saranno utilizzati per attivare un allarme di carenza a livello europeo. La Commissione potrà così attuare misure di emergenza, come dare priorità alla fornitura di prodotti particolarmente colpiti da una carenza o effettuare acquisti comuni per gli Stati membri.