Bruxelles – Un’occasione per fare un punto sui dodici mesi appena trascorsi e delineare le iniziative faro che la Commissione intende attuare nel prossimo anno, l’ultima della legislatura, non dimenticando di sottolinearle “l’eredità” che questo esecutivo lascia al prossimo. Che per molti potrebbe avere la stessa guida. Tra otto giorni, mercoledì 13 settembre, la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, pronuncerà a Strasburgo, di fronte alla plenaria del Parlamento europeo, l’annuale discorso sullo stato dell’Unione. L’appuntamento ormai diventato tradizione nella politica comunitaria in cui il capo della Commissione si confronta con gli eurodeputati, facendo il punto sulle cose realizzate negli ultimi mesi e le priorità da attuare in quelli successivi.
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Quest’anno, più che mai, l’appuntamento si caricherà di significato politico, dal momento che sarà l’ultimo discorso pronunciato da von der Leyen prima delle elezioni del Parlamento europeo che si terranno dal 6 al 9 giugno in tutti e 27 i Paesi Ue, che porteranno poi a eleggere il nuovo Emiciclo e nominare la nuova Commissione europea che si insedierà solo a novembre 2024. L’ormai tradizionale appuntamento annuale – che ricalca l’annuale appuntamento della politica statunitense, con cui il presidente degli Stati Uniti si rivolge al Congresso per fare il punto – è stato pronunciato per la prima volta a Strasburgo nel 2010 dalla Commissione guidata dal portoghese José Manuel Barroso. L’esecutivo comunitario, i commissari e i funzionari, trascorrono mesi a preparare il discorso sullo stato dell’Unione, consultandosi con molti stakeholders della politica europea, e riunendosi generalmente a metà luglio fuori da Bruxelles per un segreto ‘evento-seminario’ per mettere a fuoco quali saranno le priorità del futuro discorso sullo stato dell’Unione.
Esattamente come un anno fa, non è difficile immaginare che Ucraina ed energia saranno i temi portanti nelle parole che pronuncerà von der Leyen e l’intero discorso sarà declinato attraverso queste. Anche se in maniera sostanzialmente diversa. Se dodici mesi fa il capo dell’esecutivo comunitario elencava le mosse per sostenere Kiev e fissava i target per liberarsi della dipendenza energetica da Mosca, quest’anno von der Leyen rivendicherà il lavoro fatto e i successi che ritiene di aver ottenuto; parlerà di come infine l’Ue ha vinto la guerra energetica intrapresa da Mosca contro l’Europa e di come gli europei hanno accolto nelle loro case milioni di rifugiati ucraini, registrando il più grande spostamento di persone dalla Seconda Guerra Mondiale.
Agli sgoccioli della legislatura, il discorso sullo stato dell’Unione quest’anno non sarà il momento per annunciare nuove iniziative legislative chiave. Ma per fare il punto su cosa rimane da attuare delle sei priorità dell’attuale Commissione, prima fra tutti il Green Deal europeo (insieme all’Europa pronta per l’era digitale; Un approccio alla transizione digitale incentrato sull’uomo e favorevole all’innovazione; Un’economia al servizio delle persone; Un’Europa più forte nel mondo; Promuovere il nostro stile di vita europeo; Una nuova spinta per la democrazia europea). Sarà poi un momento decisivo per indicare quali dossier e file legislativi rimarranno in mano alla futura Commissione europea che si insedierà da novembre 2024. E per la presidente uscente potrebbe essere a quel punto un’occasione per lasciare intendere, più o meno esplicitamente, la sua disponibilità politica a rimanere alla guida del prossimo esecutivo comunitario e ad attuarle in prima persona.