Bruxelles – Lo scenario politico spaccato a metà nel nuovo Parlamento in Spagna riporta con prepotenza la questione catalana all’ordine del giorno sia dell’opinione pubblica in generale, sia dei partiti di sinistra in particolare. Più precisamente il tema della costituzionalità di un’amnistia generale per tutte le persone coinvolte nell’organizzazione e lo svolgimento del referendum sull’autodeterminazione della Catalogna andato in scena nel 2017. Una controversia che negli ultimi anni ha riguardato molto da vicino anche Bruxelles – per la presenza di alcuni eurodeputati ricercati dalle autorità spagnole, tra cui l’ex-presidente della Generalitat de Catalunya, Carles Puigdemont – ma che ora torna alla ribalta a Madrid perché proprio gli indipendentisti catalani sono diventati l’ago della bilancia per la formazione di un nuovo governo guidato dal premier socialista uscente, Pedro Sánchez.
I primi ad aprire chiaramente sono stati i membri della coalizione spagnola Sumar, il cui portavoce (catalano ed eurodeputato del gruppo dei Verdi/Ale) Ernest Urtasun in un’intervista per la radio spagnola Rne ha anticipato che la sinistra unita sta già lavorando alla proposta di amnistia, che dovrebbe presentare “nei prossimi mesi”. Per Sumar questo processo sarebbe il “più rapido e completo” per raggiungere una “normalizzazione politica in Catalogna” e tornare al dialogo politico con le altre forze in Spagna: “Crediamo che l’amnistia abbia una collocazione costituzionale e che possa andare avanti“, ha dichiarato Urtasun. L’amnistia è un concetto giuridico diverso dall’indulto: la prima costituisce una causa di estinzione del reato, mentre il secondo è una causa di estinzione della pena. In altre parole, con l’amnistia lo Stato rinuncia all’applicazione della pena perché il reato non sussiste più.
In una Spagna spaccata in due dopo le elezioni del 23 luglio scorso le forze di sinistra stanno cercando da settimane di mediare con gli indipendentisti catalani per ottenere quantomeno il sostegno esterno. Al Congresso dei deputati il Partito Socialista Operaio Spagnolo (Psoe) e la sinistra di Sumar possono contare su 152 deputati (rispettivamente 121 e 31), mentre la maggioranza è fissata a 176. A questi si sommano i 5 del Partito Nazionalista Basco (Eaj-Pnv) che lo appoggiano dall’esterno e l’astensione dei 7 della Sinistra Repubblicana di Catalogna (Erc) e i 6 della coalizione di nazionalisti baschi progressisti Euskal Herria Bildu (Ehb). In totale si arriva così a 170 e per questa ragione è cruciale per Sánchez convincere i 7 deputati di Junts per Catalunya di Puigdemont a ritirarsi dall’opposizione. Il vero nodo riguarda proprio le “linee rosse” – come le hanno definite i catalani – per l’investitura del leader del Psoe come nuovo primo ministro: sia gli indipendentisti di centro-destra di Junts sia quelli della Sinistra Repubblicana di Catalogna chiedono un’amnistia per tutti coloro che sono stati perseguiti nel 2017 e un nuovo referendum sull’autodeterminazione della regione.
Finora la bussola che ha guidato anche le forze di sinistra a Madrid è sempre stata quella del rimanere nel quadro della Costituzione spagnola, ma non è detto che non possano esserci aperture sulla prima richiesta. La seconda rivendicazione, invece, rischia di non trovare riscontro nemmeno tra la popolazione, come ha evidenziato un sondaggio dell’Institut de Ciències Polítiques i Socials (Icps) dell’Universitat Autònoma de Barcelona: nel 2022 il 53,2 per cento dei catalani avrebbe votato ‘no’ in un ipotetico referendum sull’indipendenza, mentre solo il 39 per cento ‘sì’. Un primo confronto schietto tra i socialisti e Junts ha portato giovedì scorso (17 agosto) a un accordo che ha permesso l’elezione della candidata del Psoe, Francina Armengol, a nuova presidente del Congresso dei deputati. Junts ha smorzato subito gli entusiasmi – affermando che l’intesa non riguardava una possibile investitura di Sánchez a premier – ma all’inizio della settimana lo stesso premier uscente ha confermato a Re Felipe VI di Spagna di essere in grado di “raccogliere il sostegno parlamentare necessario”. Incalzato dalla stampa sulla questione catalana, il leader socialista ha smorzato le sue posizioni sull’incostituzionalità dell’amnistia generale per i fatti del 2017 e ha affermato che “il dialogo è il metodo e la Costituzione è il quadro“, evitando al momento di dare una risposta netta: “Non spetta a me dire cosa sia o meno costituzionale, fortunatamente abbiamo la Corte Costituzionale per risolvere queste questioni“.
Le consultazioni dei popolari per un governo di destra in Spagna
Nel frattempo continuano gli sforzi quasi senza speranza del leader del Partido Popular (Pp), Alberto Núñez Feijóo, per tentare di mettere insieme una maggioranza che sostenga un governo di destra da lui presieduto, dopo aver ricevuto martedì (22 agosto) l’incarico da Re Felipe VI in qualità di vincitore delle elezioni di luglio. Con tutta probabilità i tentativi di Núñez Feijóo sono destinati a fallire, anche so lo si scoprirà solo alla prima seduta del Congresso dei deputati in cui si voterà per testare la maggioranza. Prima di tutto perché la la coalizione di destra conta 172 deputati – oltre ai 137 quelli del Pp anche i 33 dell’estrema destra di Vox e i due di Coalizione Canaria e Unione del Popolo Navarro – e non sembra verosimile che i partiti regionalisti baschi o catalani lo sostengano dall’esterno per compensare i quattro che mancano per la soglia minima. Secondo, perché giovedì scorso al Parlamento è già emersa una prima importante frattura nel sodalizio popolari-estrema destra, in cui Vox ha deciso di rompere il fronte dopo che i nazionalisti sono rimasti senza vicepresidenti.
Ma Núñez Feijóo non molla la presa e sta cercando di giocarsi il tutto per tutto per arrivare all’investitura. I popolari hanno rivolto un appello ai deputati socialisti che “non si sentono tranquilli” sul fatto che l’investitura di Sánchez dipenda dagli indipendentisti a votare per il candidato del Pp. Oltre a questo tentativo definito “ridicolo” da parte degli alleati di sinistra del Psoe, il leader dei popolari sta tentando di strappare da una possibile maggioranza guidata dal premier socialista uscente il Partito Nazionalista Basco, di centro-destra ma favorevole all’indipendentismo basco (e perciò in contrasto con il centralismo del Partito Popular). Il portavoce della forza basca in Parlamento, Aitor Esteban, ha riferito che incontrerà Núñez Feijóo “per cortesia”, ma chiudendo già la porta a qualsiasi accordo di governo per una coalizione di destra: “Non parteciperemo a combinazioni in cui sia presente Vox“.