Bruxelles – Le informazioni equivoche che arrivano da Mosca sulla possibile morte del leader della milizia privata Wagner, Yevgeny Prigozhin, costringono l’Unione Europea e i suoi Paesi membri alla cautela. “Difficilmente qualcosa che esce dalla Russia in questi giorni è credibile“, ha commentato oggi (24 agosto) alla stampa di Bruxelles il portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna, Peter Stano, commentando i video e le notizie sull’incidente areo che nella serata di ieri (23 agosto) potrebbe aver ucciso Prigozhin, insieme con altri membri del suo entourage e dell’equipaggio. “Ma come molte altre cose in Russia è molto difficile per noi verificarlo e non è nostro compito commentare“, ha messo in chiaro Stano, attenendosi alla linea ufficiale al momento delle istituzioni comunitarie. Sono “affari interni” di Mosca e l’Ue rimane in attesa di valutare le conseguenze dell’instabilità russa.
L’ultimo episodio quantomeno controverso è andato in scena ieri sera, quando un jet privato partito da Mosca e diretto a San Pietroburgo è precipitato a 150 chilometri dalla capitale. A stretto giro l’agenzia di stampa russa Tass ha comunicato che Prigozhin e il co-fondatore del gruppo Wagner, Dmitri Utkin, erano sulla lista dei sette passeggeri (più tre membri dell’equipaggio) dell’aereo privato regolarmente utilizzato dai due per gli spostamenti in Russia. Tutte le dieci persone a bordo sono decedute, ma a quasi 24 ore dalla caduta del jet – che secondo i testimoni oculari sarebbe avvenuta dopo due esplosioni, forse della contraerea russa che l’ha abbattuto, o di una bomba collocata a bordo – nessuno ha dichiarato Prigozhin morto. E questo perché le autorità russe non hanno ancora confermato pubblicamente che il suo cadavere è stato identificato, né hanno fornito informazioni sul motivo per cui non l’hanno ancora fatto. Ma questo non ha impedito che oggi fossero portati fiori davanti alla sede della Wagner a San Pietroburgo – illuminata ieri sera con una grande croce – e che i miliziani del gruppo promettessero vendetta per la presunta morte sia del leader politico sia di quello militare a seguito di una possibile ritorsione di Vladimir Putin per il tentato colpo di Stato di fine giugno.
Le conseguenze “sarebbero pura speculazione”, ha ribadito il portavoce del Seae senza sbilanciarsi sulla notizia in sé, ma offrendo spazio al punto di vista di Bruxelles: “Tutti sappiamo chi era Prigozhin, cos’era la Wagner, cos’hanno fatto e cosa stanno facendo in tutto il mondo“. In altre parole, a prescindere che sia venuto a mancare o meno il leader, la milizia privata russa è considerata una dimostrazione del modo in cui il Cremlino vuole plasmare l’ordine geopolitico. “C’è stata una chiara influenza negativa sui Paesi e sulle popolazioni locali dove la Wagner è presente”, ha sottolineato Stano, ricordando che “sia Prigozhin sia la Wagner sono nella lista delle sanzioni per le violazioni commesse in Siria, Ucraina, Libia e altri Paesi africani“. Dovunque siano passati i mercenari della Wagner, “hanno lasciato una scia di violazioni di diritti umani e delle leggi umanitarie internazionali” e questi “sono fatti”, ha ribadito Stano. Per Bruxelles, insomma, “questo è il modo in cui opera e non riguarda solo il nome del suo leader o quello che è successo da giugno”.
I paramilitari del gruppo Wagner sono stati impegnati in Siria a partire dal 2017 nella guerra civile al fianco di Bashar al Assad, ed è nota la presenza in diversi Paesi africani (si sospetta anche nel Sudan recentemente travolto dalla guerra civile). Dall’ottobre 2020 Prigozhin è colpito dalle sanzioni dell’Unione Europea per l’avvelenamento di Alexei Navalny (uno dei principali oppositori di Putin), mentre le misure restrittive contro il gruppo Wagner sono state imposte pochi mesi prima dell’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. Gli individui colpiti sono coinvolti in “gravi abusi dei diritti umani, tra cui tortura, esecuzioni e uccisioni extragiudiziali, sommarie o arbitrarie, o in attività destabilizzanti” fuori dalla Russia: “Wagner ha reclutato, addestrato e inviato operatori militari privati in zone di conflitto in tutto il mondo“, dalla Libia alla Siria, dall’Ucraina alla Repubblica Centrafricana, “per alimentare la violenza, saccheggiare risorse naturali e intimidire i civili in violazione del diritto internazionale”.
Il gruppo Wagner, la creatura di Prigozhin
La Wagner è un gruppo paramilitare strettamente legato all’establishment politico e militare russo. Il nucleo originario – le cui origini risalgono al 2011 – è di circa 10 mila mercenari (tra ex-militari e agenti di sicurezza russi e di altri Paesi come la Serbia), ma nel corso del 2022 il numero complessivo è aumentato a diverse decine di migliaia, dopo la vasta campagna di reclutamento consentita dal Cremlino anche nelle carceri russe. Teoricamente in Russia gli eserciti di mercenari sarebbero illegali, ma proprio lo scorso anno il gruppo Wagner si è registrato come società con sede a San Pietroburgo. Le prime azioni militari sono state registrate in Crimea nel 2014, quando la Wagner affiancò l’esercito russo per conquistare il controllo della penisola. I mercenari si spostarono poi a Luhansk insieme ai separatisti filo-russi, fino all’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022: quest’anno si sono ritagliati un ruolo cruciale nella battaglia di Bakhmut (nell’Ucraina orientale), mantenendo quasi da soli la potenza di fuoco russa opposta a quella ucraina.
Tuttavia proprio la battaglia di Bakhmut – con la strategia di logoramento messa in piedi appositamente da Kiev – ha fatto emergere Prigozhin come soggetto problematico per la presunta unità delle fila russe. Prima ha annunciato a maggio l’intenzione di voler ritirare le proprie truppe dalla città, poi ha accusato il governo russo (e in particolare il ministero della Difesa) di non fare abbastanza per sostenere le forze paramilitari. Dopo un’escalation di accuse, il 23 giugno ha attaccato senza mezzi termini tutta la macchina di propaganda della Russia e ha iniziato un’insurrezione. Dopo aver preso la città di Rostov e aver iniziato a marciare su Mosca, nel pomeriggio del 24 giugno è arrivato l’annuncio dello stop alla “marcia della giustizia” per “non versare inutilmente sangue russo”. Lo stesso Prigozhin ha confermato di aver accettato il compromesso avanzato dall’autoproclamato presidente della Bielorussia, Alexander Lukashenko, secondo cui tutti gli insorti avrebbero ricevuto l’amnistia e lo stesso leader del gruppo Wagner si sarebbe recato a Minsk. Pochi giorni fa aveva pubblicato un video in cui affermava di essere in Africa per portare avanti gli interessi della Russia nel continente.