Bruxelles – Centinaia di persone migranti uccise con mitragliatrici e colpi di mortaio dalla guardia di frontiera dell’Arabia Saudita. Una mattanza, documentata dall’ong Human Rights Watch nel periodo da marzo 2022 a giugno 2023, che sarebbe ancora in corso. È quanto, secondo l’organizzazione con sede a New York, sta succedendo sistematicamente a uomini, donne e minori etiopi che tentano l’ingresso nel regno saudita dal confine con lo Yemen.
Il rapporto pubblicato il 21 agosto da Hrw è un film dell’orrore. Basato su interviste con più di 40 migranti etiopi sopravvissuti e su oltre 350 video e fotografie, descrive i regolari attacchi compiuti dalle autorità saudite su gruppi di persone migranti, utilizzando armi esplosive come razzi e mortai. Non solo, documenta episodi di migranti picchiati con pietre e spranghe, detenuti per mesi o costretti a violentare donne del gruppo davanti agli agenti della guardia di frontiera.
“Un modello sistematico e diffuso”, quello messo in atto dai sauditi, di cui non si conosce il bilancio complessivo. Hrw ha documentato 3442 attraversamenti del confine in quei 15 mesi, ipotizzando che le morti potrebbero raggiungere le migliaia. Soprattutto etiopi – oltre il 90 per cento, secondo le stime contenute nel rapporto – che scappano da povertà, siccità estrema e persecuzioni legate a conflitti etnici. E dalle conseguenze della guerra civile tra il governo di Addis Abeba e le forze guidate dal Fronte Popolare di Liberazione del Tigray, conflitto scoppiato nel 2020 e concluso lo scorso inverno con la pace di Pretoria.
Circa 750 mila etiopi vivono in Arabia Saudita, e spesso ci arrivano da una delle rotte più pericolose del mondo, che dall’Etiopia passa per il Gibuti, dove poi gruppi di trafficanti portano i migranti in Yemen passando per il golfo di Aden. I sopravvissuti intervistati da Hrw hanno affermato di aver attraversato il Golfo su “navi non idonee”, per poi essere trasferiti dai contrabbandieri yemeniti nel governatorato di Saada, al confine con l’Arabia Saudita, attualmente sotto il controllo degli Houthi, gruppo armato sciita che dal 2014 combatte una guerra contro il governo dello Yemen. Secondo le testimonianze, le forze Houthi lavorerebbero a braccetto con i contrabbandieri. Imprigionati in centri di detenzione, i migranti subivano abusi fino a quando non potevano pagare una “tassa d’uscita”.
L’Arabia Saudita, partner dell’Ue e degli Usa
Nonostante la stessa Human Rights Watch avesse già documentato le uccisioni di persone migranti al confine tra lo Yemen e l’Arabia Saudita dal 2014, quest’ultimo rapporto si concentra soprattutto “sull’escalation deliberata” di violenze perpetrate dalla guardia di frontiera saudita. Un Paese indicato dalla comunità internazionale come figura chiave per una pacificazione della regione del Corno d’Africa. “Abbiamo preso nota con preoccupazione del report, solleveremo la questione con le autorità dell’Arabia Saudita e anche con il regime Houthi di fatto al potere nel nord dello Yemen”, ha dichiarato Peter Stano, portavoce del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae).
“Il nostro ruolo è sollevare il problema con i partner e vedere con loro quali fatti possono condividere e quali misure possono prendere per risolverlo”, ha proseguito Stano. Che ha salutato con favore “la rapidità” dei governi etiope e saudita di istituire un’indagine congiunta sulla vicenda. Secondo Human Rights Watch l’indagine dovrebbe essere “istituita e sostenuta dalle Nazioni Unite”, anche perché né la monarchia saudita né Addis Abeba, che contro i migranti etiopi del Tigray ha condotto una feroce guerra civile, avranno verosimilmente intenzione di trovare colpevoli. Colpevoli di crimini contro l’umanità, stando all’agghiacciante rapporto di Hrw.