Bruxelles – L’Italia non è un Paese per giovani laureati. Secondo i dati relativi al 2022 pubblicati da Eurostat, un terzo degli italiani che hanno concluso gli studi universitari negli ultimi tre anni è disoccupato. Fanalino di coda di un Unione europea che viaggia a un’altra velocità, con l’82 per cento dei neolaureati di età compresa tra i 20 e i 34 anni che hanno trovato un lavoro.
A livello Ue, il tasso di occupazione dei giovani altamente formati ha raggiunto un nuovo picco, superando il precedente massimo dell’81 per cento segnato nel 2018. Dal 2014 è aumentato di 7 punti percentuali, con un aumento costante interrotto solo nei due anni della pandemia di Covid-19. I tassi più alti tra i 27 sono stati registrati in Lussemburgo e Paesi Bassi (entrambi 93 per cento), Germania (92 per cento) e Malta (91 per cento), mentre a fare compagnia all’Italia all’altra estremità della classifica ci sono la Grecia al 66 per cento e la Romania al 70 per cento.
Il ritardo dell’Italia è un dato cronico e Roma sta in realtà compiendo una disperata rincorsa per assottigliare il gap con il resto d’Europa. Il tasso d’occupazione dei giovani laureati è passato dal 45 per cento del 2014 al 65,2 per cento registrato nel 2022, con un aumento di 7,3 punti percentuali solamente nell’ultimo anno. Ancora troppo poco però, per scongiurare la fuga dei cervelli: secondo l’ultimo rapporto Istat sulle migrazioni, l‘8 per cento dei laureati italiani espatriano per trovare lavoro.
C’è un altro dato preoccupante che riguarda l’istruzione terziaria in Italia: siamo al penultimo posto in Ue – davanti solo alla Romania- per numero di giovani dai 25 ai 34 anni in possesso di un titolo di studio terziario (diploma tecnico superiore, diploma accademico, laurea o dottorato di ricerca). Nel 2021 i giovani italiani che avevano conseguito studi terziari erano il 26,8 per cento, nettamente meno della media europea del 41,6 per cento. Una quota, quella italiana, che è rimasta pressoché invariata negli ultimi anni, e che è ben lontana dall’obiettivo europeo di raggiungere il 45 per cento entro il 2030, come definito nella risoluzione del Consiglio sul “Quadro strategico per la cooperazione europea nel settore dell’istruzione e della formazione”.