Bruxelles – Le prospettive economiche a breve termine per l’area dell’euro “sono peggiorate, soprattutto a causa dell’indebolimento della domanda interna”. Ma la crescita potrebbe rallentare anche di più, anche per effetto dell’aumento dei tassi di interesse operato dalla Bce. E’ la stessa Banca centrale europea a mettere le mani avanti. Nell’ultimo bollettino economico si elencano tutti i “rischi al ribasso” per l’andamento economico dell’eurozona. Alta inflazione, possibili aumenti dei prezzi dell’energia, incertezze geopolitiche e la questione del grano ucraino. Oltre a tutto ciò “la crescita potrebbe anche essere più lenta se gli effetti della politica monetaria fossero più vigorosi del previsto, o se l’economia mondiale si indebolisse e quindi deprimesse la domanda di esportazioni dell’area dell’euro”.
A Francoforte si difendono le scelte operate fin qui, considerate come obbligate di fronte ad un’impennata generale del costo della vita. Si ribadisce che le future decisioni del Consiglio direttivo garantiranno che i tassi di interesse di riferimento della Bce “saranno fissati a livelli sufficientemente restrittivi per tutto il tempo necessario a conseguire un tempestivo ritorno” dell’inflazione al suo obiettivo di medio termine del 2 per cento. Insomma, la Bce fa sapere che nella suo operato è consapevole anche degli eventuali effetti collaterali delle scelte compiute fin qui.
Proprio per questo si invitano i Paesi con la moneta unica a politiche prudenti. Viene ribadito una volta di più che “con l’attenuarsi della crisi energetica i governi dovrebbero ritirare tempestivamente e in modo concertato le relative misure di sostegno” varate nei mesi precedenti. Una scelta inevitabile, se non si vogliono nuovi rialzi dei tassi. Eliminare gli aiuti pubblici “è essenziale per evitare di aumentare le pressioni inflazionistiche a medio termine, che altrimenti richiederebbero una risposta di politica monetaria più incisiva”. Ma prudenza significa anche conti in ordine. “Le politiche di bilancio dovrebbero essere concepite per rendere l’economia dell’area dell’euro più produttiva e ridurre gradualmente l’elevato debito pubblico“. Un invito, quest’ultimo, valido soprattutto per l’Italia.