Bruxelles – Rendere obbligatoria l’apertura dei regimi nazionali di sostegno alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili ad altri Paesi membri dell’Ue. Con la nuova Direttiva sulle energie rinnovabili, modificata di recente nel quadro dell’ambizioso pacchetto sul clima ‘Fit for 55’, la Commissione europea lascia agli Stati membri la facoltà di scegliere strumenti adeguati per sostenere lo sviluppo di energie rinnovabili, compresa la possibilità di avviare regimi di sostegno finanziario nazionali e di aprirli ai produttori di energia rinnovabile situati in altri Stati membri. La Commissione europea sta ora valutando le modalità di utilizzo di tale possibilità e apre all’idea che questa opzione diventi un obbligo a livello comunitario.
Per questo ha aperto una consultazione pubblica – che rimarrà aperta ai commenti fino al 28 agosto – per adottare una relazione entro la fine dell’anno. La relazione valuterà in che misura gli Stati membri dell’Ue abbiano sostenuto la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili in altri paesi dell’Ue e valuterà inoltre la necessità di imporre agli Stati membri di aprire parzialmente i loro regimi di sostegno ai produttori di altri Stati membri, per centrare gli obiettivi di apertura del 5 per cento entro il 2025 e del 10 per cento entro il 2030, previsti entrambi dall’articolo 5 della direttiva rivista.
La relazione sui sostegni alle rinnovabili
La relazione servirà da base per la decisione della Commissione di adottare o meno ulteriori misure o arrivare ad adottare l’obbligo a livello comunitario. Bruxelles osserva nel documento che accompagna l’apertura della consultazione pubblica che la cooperazione regionale, compresa l’apertura dei regimi di sostegno, può contribuire a ottenere una diffusione delle energie rinnovabili più efficiente sotto il profilo dei costi e un maggiore allineamento normativo tra gli Stati membri. Ad esempio, si legge nel documento, l’apertura di aste per le energie rinnovabili a progetti in altri Stati membri consente ai progetti con condizioni più favorevoli di competere, potenzialmente a un costo inferiore per le finanze pubbliche. Inoltre, con la crescita delle energie rinnovabili, i siti adatti per nuovi impianti potrebbero diventare scarsi in alcuni Stati membri, ma non in altri, il che potrebbe incidere sul costo dei progetti.
La Commissione europea prende però atto del fatto che si tratta di potenziale inesplorato e la cooperazione regionale è “stata finora limitata”, a causa degli “elevati oneri amministrativi per le amministrazioni nazionali e della percezione di una distribuzione disomogenea dei costi e dei benefici della cooperazione. La nuova direttiva europea sulle energie rinnovabili, su cui i due colegislatori europei (Parlamento e Consiglio Ue) hanno raggiunto un accordo politico a marzo, alza l’obiettivo vincolante di quota di rinnovabili fino al 42,5 per cento entro il 2030, dall’attuale 32 per cento previsto dalla direttiva del 2018. Gli Stati membri proponevano di alzare il target al 40 per cento mentre l’Europarlamento (come la Commissione) voleva portarlo al 45 per cento. I negoziatori aprono all’idrogeno prodotto da energia nucleare.