Bruxelles – “Sebbene alcune misure mostrino segnali di allentamento, l’inflazione di fondo rimane complessivamente elevata”. Tradotto: non ci sono le condizioni per abbandonare politiche monetarie restrittive. E’ così che il consiglio direttivo della Bce giustifica la decisione di aumentare ancora i tassi di intesse di altri 25 punti base. Una mossa peraltro annunciata con largo anticipo dalla presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, e divenuta ancor meno rinviabile alla luce delle decisioni della Fed, che non più tardi di ieri (26 luglio) ha deciso di rimettere mano ai costi di finanziamento (+0,25 per cento). Anche se si tengono le due decisioni separate, chiarisce Lagarde. “L’inflazione negli Stati Uniti e nell’eurozona non sono animali diversi, ma è alimentata da diversi fattori”.
A Francoforte non si resta a guarda. Dal 2 agosto quindi, il tasso di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principale raggiungerà il 4,25 per cento, il tasso di interesse sulla linea di rifinanziamento marginale toccherà quota 4,5 per cento e il tasso di interesse sulla linea di deposito arriverà a 3,75 per cento.E nuovi aumenti non vengono esclusi. I tassi di interesse di riferimento della Bce “saranno fissati a livelli sufficientemente restrittivi per il tempo necessario” a conseguire un tempestivo ritorno dell’inflazione all’obiettivo di medio termine del 2 per cento. Il Consiglio direttivo “continuerà a seguire un approccio dipendente dai dati per determinare il livello appropriato e la durata della restrizione”.
Su questo Lagarde vuole essere chiara. “Siamo dati-dipendenti. Sulla base dei dati decideremo se fermarci oppure no. Ma non taglieremo“. Quindi spiega il perché. Sullo sfondo permangono sia elementi di rischio per l’economia, in particolare l’andamento della guerra in Ucraina e il pericolo di “tensioni geopolitiche che potrebbero interrompere flussi commerciali”, sia fattori di rischio per i prezzi. Per l’inflazione pesano “potenziali nuove pressioni al rialzo sui costi dell’energia e del cibo, anche in relazione al ritiro unilaterale della Russia dalla Black Sea Grain Initiative”. Inoltre, aggiunge la presidente della Bce, “condizioni meteorologiche avverse, alla luce della crisi climatica in corso, potrebbero far aumentare i prezzi dei prodotti alimentari più del previsto“.
Il ‘fattore cibo’ non è casuale né marginale. Perché è vero, ricorda Lagarde, che l’inflazione è scesa ulteriormente a giugno, portandosi al 5,5 per cento rispetto il 6,1 per cento di maggio. In questa tendenza, mentre i prezzi dell’energia sono scesi ancora, attestandosi al 5,6 per cento su base annua, “i prezzi dei prodotti alimentari ha continuato a rallentare, ma qui l’inflazione è rimasta elevata, all’11,6 per cento”. L’inflazione di base dunque preoccupa, e non poco. Ma Lagarde va avanti convinta. “Il nostro obiettivo è il 2 per cento, seguiteci“.
Fin qui numeri e indicatori convincono la Bce a tirare avanti. “A ottobre l’inflazione era superiore al 10 per cento, a giugno al 5,5 per cento”, praticamente dimezzata o quasi, continua Lagarde. “Possiamo cantare vittoria? No”. Avanti dunque con le politiche monetarie restrittive.