Bruxelles – “Sostituire il combustibile nucleare di origine russa con alternative è una sfida”. Nell’Ue impegnata nella non semplice risposta all’aggressione russa dell’Ucraina, la questione energetica si scontra con le dipendenze e le relazione intessute nel corso dei decenni. La più spinosa sembra essere quella legata alla tecnologia alla produzione da atomo. Se fin qui tanto è stato fatto per affrancarsi da Gazprom e dal gas naturale pompato via conduttura, non altrettanto può dirsi per i reattori che tanto, ancora, devono a Mosca. Un’analisi del centro studi e ricerche del Parlamento europeo sui flussi commerciali tra il blocco dei Ventisette e la federazione russa, accendono una volta di più i riflettori su un tema di forte sensibilità.
Da quando Mosca ha avviato le sue operazioni militari in Ucraina l’Ue ha saputo varare undici pacchetti di sanzioni senza precedenti, ma il nucleare a oggi resta escluso. E non è un caso. Il problema del combustibile nucleare di origine russa tocca da vicini cinque Stati membri dell’Ue (Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia, Bulgaria e Finlandia), che gestiscono un totale di 18 reattori nucleari di progettazione russa.
“La Russia è una fonte chiave di parti e combustibile per questi reattori, nonché di uranio”, sottolinea lo studio. “Anche se il combustibile nucleare non deve essere costantemente sostituito, le barre e le parti di combustibile devono essere prodotte e certificate appositamente per un particolare tipo di reattore”.
Non c’è solo una questione di fonti di importazione e di fornitori. Ci sono questioni tecniche di standard e compatibilità che rendono estremamente complicato, allo stato attuale, potersi slegare con una certa semplicità dalla Russia per via di tecnologie troppo a trazione russa. Tra i cinque Stati membri toccati da vicino da tutto questo la Slovacchia soddisfa oltre la metà della produzione di energia elettrica per i propri fabbisogni da centrale nucleare (54 per cento), l’Ungheria per quasi la metà (46 per cento), con Bulgaria (41 per cento) e Repubblica ceca (34 per cento) che si affidano a questo tipo di tecnologia per un terzo o più del proprio fabbisogno. Per loro la riconversione energetica dei sistemi Paesi diventa senza dubbio più complicata, e questo spiega la resistenze registrate fin qui a colpire il nucleare civile nelle sempre più tese relazioni con la federazione russa.
Ma più in generale, rileva ancora lo studio, l’Ue dipende dalla Russia per circa il 70 per cento dell’import di tecnologie nucleare, il che “illustra l’importanza delle importazioni nucleari russe nell’Ue” e la difficoltà a intervenire con decisione in questo settore. Il blocco dei Ventisette non se lo può permettere e dovrà trovare in fretta le alternative del caso. Una vera e propria impresa.