Bruxelles – Dopo le sbandate a margine del summit Nato a Vilnius, è tempo di fare ordine a Bruxelles. Il dossier Turchia torna sul tavolo del Consiglio Affari Esteri, per fare un punto della situazione dei rapporti tra l’Unione e Ankara, alla luce non solo delle conclusioni dell’ultimo vertice dei leader Ue, ma soprattutto delle piccole crepe emerse tra Consiglio e Commissione di fronte alle minacce – poi ritirate – del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, di vincolare l’adesione della Svezia alla Nato solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea.
Nell’agenda delle discussioni in programma domani (20 luglio) tra i 27 ministri Ue degli Esteri è previsto verso ora di pranzo uno scambio di vedute sulle relazioni Ue-Turchia, considerata la necessità di muoversi in modo “strategico e lungimirante”. Il punto di partenza saranno le conclusioni dell’ultimo Consiglio Europeo del 29-30 giugno che – nel paragrafo dedicato al Mediterraneo orientale – invitavano l’alto rappresentante Ue e la Commissione a “presentare al Consiglio Europeo una relazione sulla situazione delle relazioni Ue-Turchia” in linea con le direttrici tracciate già nel 2021 dai Ventisette. L’Ue rimane impegnata a cercare di compiere progressi “nei settori in cui è possibile”, precisano funzionari europei, e le discussioni di domani andranno alla ricerca degli interessi comuni (anche alla luce delle recenti elezioni vinte di nuovo da Erdoğan) per provare a “colmare le lacune” esistenti.
È proprio qui che si inserisce il punto più delicato: lo stallo ormai quinquennale del processo di adesione di Ankara all’Ue. Una questione che ha creato non pochi imbarazzi tra i leader delle istituzioni comunitarie, quando la scorsa settimana al summit Nato di Vilnius è tornata di strettissima attualità per il quasi ricatto (inaspettato) da parte dell’autocrate turco. Nonostante nella serata del 10 luglio alla fine sia stata trovata un’intesa all’ultimo minuto tra Ankara e Stoccolma per l’ingresso del Paese scandinavo nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, la minaccia di Erdoğan di voler legare i due processi l’uno all’altro – e dunque di ricattare Bruxelles per un’accelerazione dei negoziati di adesione Ue – ha aperto qualche divisione tra Consiglio e Commissione. Da una parte il presidente del Consiglio Ue, Charles Michel, dopo il bilaterale con l’uomo forte di Ankara ha fatto sapere che l’intenzione è quella di “rivitalizzare le nostre relazioni“, dall’altra l’esecutivo comunitario ha risposto seccamente che “non si possono collegare i due processi“.
Anche se il dossier Turchia era da tempo nell’agenda del Consiglio Affari Esteri del 20 luglio, è inevitabile che questi sviluppi avranno un impatto sulle discussioni dei 27 ministri. Perché se è vero che la Turchia “è un partner fondamentale” per l’Unione Europea (in particolare per la politica migratoria di esternalizzazione delle persone migranti in arrivo), allo stesso tempo a Bruxelles non si può negare che “nelle attuali circostanze” i negoziati di adesione di Ankara all’Unione “si sono arenati”, ribadiscono le fonti. Durissimo è invece il Parlamento Europeo che, in vista della riunione dei ministri degli Affari Esteri di domani, ha messo in chiaro che “il processo di adesione non può riprendere, a meno che non ci sia un drastico cambio di rotta da parte del governo turco”, mentre si può ragionare su formule diverse come “partenariato più stretto” o “quadro parallelo e realistico per le relazioni Ue-Turchia”.
La Turchia nel Pacchetto Allargamento Ue 2022
I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei “continui gravi passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura”, come ripete dal 2020 il commissario responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. Lo stato dei rapporti tra Bruxelles e Ankara – per quanto riguarda il percorso di avvicinamento del Paese del Vicino Oriente all’Unione – è definito nel Pacchetto annuale sull’allargamento (pubblicato ogni autunno dalla Commissione Ue), come tutti i Paesi terzi candidati o che hanno fatto richiesta di adesione. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultima relazione presentata nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”.
Le questioni riguardano sia gli affari interni, sia le relazioni con l’Unione. “Il funzionamento delle istituzioni democratiche turche presenta gravi carenze”, si legge nel rapporto dell’esecutivo comunitario, con un chiaro riferimento alle politiche di Erdoǧan: “L’architettura costituzionale ha continuato ad accentrare i poteri a livello della Presidenza senza garantire una solida ed efficace separazione dei poteri tra esecutivo, legislativo e giudiziario” e in assenza di un meccanismo di pesi e contrappesi “la responsabilità democratica del ramo esecutivo continua a essere limitata alle elezioni” (appena vinte dal leader al potere da 20 anni). La magistratura continua a prendere “sistematicamente” di mira i membri dei partiti di opposizione, mentre la democrazia locale nel Sud-est (dove vive una consistente minoranza curda) è “gravemente” ostacolata. La supervisione civile delle forze di sicurezza “non è stata consolidata” e non sono stati registrati progressi nel campo della riforma della pubblica amministrazione e della lotta anti-corruzione.
Critico il rispetto dei diritti umani, con molte delle misure introdotte durante lo stato di emergenza del 2018 che rimangono in vigore: “La procedura d’infrazione avviata dal Consiglio d’Europa nel febbraio 2022 ha segnato l’ennesimo punto di riferimento dell’allontanamento della Turchia dagli standard per i diritti umani e le libertà fondamentali“. Un “grave arretramento” è stato registrato anche per la libertà d’espressione, considerate le cause penali e le condanne di “giornalisti, difensori dei diritti umani, avvocati, scrittori, politici dell’opposizione, studenti, artisti e utenti dei social media”, così come per la libertà di riunione e associazione. Fonte di “grave preoccupazione” è anche la violenza di genere, la discriminazione e i discorsi di odio contro le minoranze, in particolare quella Lgbtq+.
Considerata la volontà di Ankara di modernizzare l’Unione doganale con l’Ue, spicca la poca preparazione sul “corretto funzionamento dell’economia di mercato turca” e l’inflazione ormai alle stelle, ma soprattutto le “ampie deviazioni dagli obblighi assunti” che “ostacolano gli scambi bilaterali”. Sono in “fase iniziale” i preparativi nei settori della libera circolazione dei lavoratori, del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi, mentre “è proseguito l’arretramento della politica economica e monetaria, che riflette una politica inefficiente nel garantire la stabilità dei prezzi e nell’ancorare le aspettative di inflazione”. Al tema economico si connette anche la questione della guerra russa in Ucraina, nonostante il ruolo importante giocato da Ankara nello sblocco del grano ucraino e nella condanna dell’invasione: “Il mancato allineamento della Turchia alle misure restrittive dell’Ue” contro il Cremlino pone gravi problemi alla libera circolazione dei prodotti all’interno dell’Unione doganale, dal momento in cui “comporta il rischio di compromettere” le sanzioni Ue per i beni a duplice uso.
Durissimo il capitolo sulle relazioni esterne. “La politica estera unilaterale della Turchia ha continuato a essere in contrasto con le priorità dell’Ue”, in particolare per le azioni militari in Siria e Iraq e per il dispiegamento di soldati in Libia. A questo si somma la questione della delimitazione delle aree marittime nel Mediterraneo, con Ankara che dal 2019 continua a mettere in discussione i confini greci – e di conseguenza le frontiere esterne dell’Unione – a sud dell’isola di Creta. L’ultimo episodio di tensione risale all’ottobre dello scorso anno, quando Ankara ha siglato un nuovo accordo preliminare sull’esplorazione energetica con la Libia e “le navi da guerra turche hanno ostacolato illegalmente le attività di rilevamento nella zona economica esclusiva cipriota”. Nel contesto mediterraneo si inserisce anche la controversia diplomatica più che quarantennale sulla divisione dell’isola di Cipro, dove solo la Turchia riconosce l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord e dal 2017 sono fermi i tentativi di compromesso.
Ultimo, ma non per importanza, il file sulla politica migratoria e l’asilo. Nonostante il quadro di rapporti tesi tra Bruxelles e Ankara, nel marzo 2016 il leader turco è riuscito a far pesare il proprio potere negoziale nell’accordo stretto tra l’Ue e la Turchia per bloccare e accogliere sul suo territorio i rifugiati siriani in fuga dalla guerra in cambio di finanziamenti comunitari: “Del bilancio operativo completo di 6 miliardi di euro nell’ambito dello strumento per i rifugiati, oltre 4,7 miliardi di euro sono stati erogati entro giugno 2022“, ha reso noto la Commissione. Tuttavia per Bruxelles rimangono criticità sia sull’attuazione delle disposizioni sui cittadini di Paesi terzi contenute nell’accordo di riammissione Ue-Turchia, sia il rispetto dei parametri per la liberalizzazione dei visti ancora lontano.