Bruxelles – L’aggiornamento del bilancio pluriennale dell’Ue può attendere, e di conseguenza anche l’Ucraina dovrà aspettare per il pacchetto di aiuti supplementari da 50 miliardi di euro inserito nella proposta rettificativa presentata dalla Commissione europea. I ministri dell’Economia e delle finanze dei Ventisette non intendono ‘spacchettare’ le due questioni. Dunque sostegno a Kiev ma nessuna concessione, perché a livello contabile i bilanci si approvano nel loro complesso e non per parti separate.
Ma non è solo una questione meramente procedurale a impedire all’Ecofin, il primo sotto presidenza spagnola, di trovare una quadra. Ci sono innanzitutto le solite, tradizionali differenze di vedute sul budget. Germania, Paesi Bassi, Danimarca non intendono mettere soldi freschi. “Usiamo prima i margini esistenti”, frena il tedesco Christian Lindner. “Noi tutti abbiamo bilanci nazionali esposti”. Ancora più netta l’olandese Sigrid Kaag. “Non siamo dell’idea che risorse addizionali si rendano necessarie”, dice. Quindi, in modo categorico, annuncia: “Ottobre è troppo presto per riuscire ad avere un accordo sul bilancio”.
Una linea, quella temporale, condivisa anche da Austria e Repubblica ceca. Anche per i ministri di Vienna e Praga ritengono “troppo ambizioso” sperare di trovare un accordo su un pacchetto che non convince, per ragioni diverse, anche queste due capitali. Il rappresentante permanente danese, Fabricius Andersen, chiude ad ogni ipotesi di manovra correttiva. “Non riapriamo il bilancio pluriennale“.
Il fronte di Paesi contrari all’idea di rimettere mano ai bilanci nazionali per finanziare l’Ue impedisce anche lo sblocco dei 50 miliardi per l’Ucraina. Ma qui, al netto di un impegno politico dichiarato e comunque ribadito attorno al tavolo dell’Ecofin, ci sono idee diverse. L’Ungheria attacca. Accusa la Commissione europea di aver congelato fondo a Budapest per questioni legate a diritti fondamentali, e di non aver fatto lo stesso in Ucraina, e si chiede conto all’esecutivo comunitario di “come vengono spesi i soldi” che vengono inviati a Kiev prima di dare il via libera.
Polonia e Lituania vorrebbero che il pacchetto di aiuti all’Ucraina tenesse conto anche dei costi di gestione dei rifugiati e consideri le necessità di “mobilità militare” legate al conflitto in corso. La linea italiana non appare molto diversa. “Il sostegno all’Ucraina deve essere prevedibile e flessibile, adattabile all’impegno per lo sforzo bellico“, spiega il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti. Di fronte alla Francia che chiede di “fare in fretta” la Finlandia chiede più tempo per studiare la proposta, mentre la Romania invita a cooperare con “i partner internazionali” per quanto riguarda il sostegno all’Ucraina.
Kiev dovrà dunque aspettare, ma l’Unione europea stessa deve attendere che le distanze tra i Ventisette si riducano. Perché nel non semplice dibattito sul bilancio si inserisce la questione delle risorse proprie, i soldi che la Commissione Ue dispone senza doverli chiedere alle capitali. Si tratta di soldi che arrivano direttamente attraverso dazi e riscossione dell’Iva. Il progetto di una tassa sulle emissioni di carbonio alle frontiere (Cbam) e la riforma del meccanismo Ets per le emissioni di CO2.
Per le risorse proprie emerge una generale e condivisa volontà di procedere separatamente rispetto alle modifiche del bilancio 2021-2027, per via di differenze tecnico-giuridiche che impongono tempi diversi. Ma le risorse proprie dovranno servire a ripagare il finanziamento dei Piani nazionali per la ripresa (Pnrr) sostenuti dal Recovery Fund e dai titoli di debito pubblico. Servono, in sostanza, per rimborsare i mercati. Procedere separatamente appare dunque poco praticabile. Anche per questo il consiglio Ecofin si concede più tempo.