Dall’inviato a Strasburgo – Con il tiratissimo voto di oggi (12 luglio) sulla legge sul ripristino della natura, si è chiuso un primo assaggio di quel che sarà lo scontro politico in vista delle prossime elezioni europee, fissate tra il 6 e il 9 giugno dell’anno prossimo. Se al ritorno dal break estivo di agosto la battaglia diventerà ancora più serrata, l’ultima sessione prima della pausa estiva è stata teatro di esperimenti più o meno riusciti di nuove e vecchie alleanze tra i banchi dell’Eurocamera.
A forzare la mano è stato soprattutto Manfred Weber, leader del Partito Popolare Europeo, che ha tastato il terreno per uno spostamento verso destra del gruppo. E ha perso rumorosamente sulla votazione più importante, quella sul regolamento per ripristinare almeno il 20 per cento di tutte le aree terrestri e marittime dell’Unione europea, non solo tradito da 15 membri del Ppe – più 3 astenuti– che non hanno voluto fare blocco con l’estrema destra e affossare la legge, ma anche sorpreso dall’inedita compattezza dell’ampio fronte progressista a sostegno del regolamento, che ha coinvolto Renew, S&d, Verdi e Sinistra europea. Ma ha vinto in modo più silenzioso sulla direttiva sulle emissioni industriali, dove l’intesa con Riformisti e Conservatori (Ecr), Identità e Democrazia (Id) e con i liberali di Renew ha di fatto impedito l’inserimento degli allevamenti di bovini nella lista delle filiere più inquinanti. Vinto o perso, Weber ci ha provato, perché l’avvicinamento all’estrema destra di Ecr e Id fa parte della sua strategia per scalzare Ursula von der Leyen alla guida della Commissione europea. E per imporsi definitivamente come leader del Partito Popolare.
In entrambi i casi la cosiddetta ‘maggioranza Ursula’, il patto tra Popolari e Socialdemocratici, che è stato a fondamento della legislatura in chiusura, si è rotto. E se le due maggiori forze politiche dell’Eurocamera non remano dalla stessa parte, lo scacchiere si può riassettare in diverse posizioni. Ne hanno guadagnato i liberali di Renew, che fatto salvo per qualche franco tiratore sono stati il vero ago della bilancia in entrambe le votazioni. Ma lo scollamento tra Ppe e S&d potrebbe indurre riflessioni importanti anche a sinistra: per la prima volta infatti, quanto meno su una votazione così carica di significato politico, il fronte progressista ha votato compatto, insieme, riuscendo a configurare una maggioranza senza il Partito Popolare. Che, però, ha comunque contato i suoi voti ed anche perdendo oggi ha avuto la conferma che poco gli manca per gestire un ribaltone dopo il voto del prossimo anno.
Maggioranza Ursula a rischio, S&d pronti a “tendere una mano” al Ppe
I più cauti, dopo la votazione, sono stati proprio i socialdemocratici, con la presidente Iratxe Garcia Perez e l’eurodeputato Mohammed Chahim che hanno ribadito di essere pronti a “tendere la mano” al Partito Popolare e a ricominciare il dialogo. Perché da qui alla fine della legislatura, come ricordato dalla presidente Roberta Metsola, l’Eurocamera dovrà rimboccarsi le maniche e lavorare ancora a un centinaio di dossier mancanti. “Quando sarà il momento di fare campagna elettorale la faremo tutti, ma non è questa l’ora”, ha dichiarato Garcia Perez. La leader spagnola non ha voluto cavalcare l’onda della vittoria tutta a sinistra, evitando ogni congettura: “Preferirei sempre una maggioranza progressista, ma non ci sono i numeri. Per noi l’unica linea rossa è l’estrema destra, abbiamo iniziato la legislatura con un cordone sanitario che ora il Ppe non rispetta più”. Ma, in un tentativo di salvare i presupposti di un sodalizio che finora ha comunque garantito a entrambi i gruppi di rimanere saldi al timone della scena politica di Bruxelles, Garcia Perez ha cercato di minimizzare gli attriti con Weber: “Speriamo che il Ppe torni sui suoi passi, la legge sulla natura non era un problema di contenuto, ma una questione di strategia politica”.
Che è in realtà l’esatto contrario di quanto dichiarato dall’amico-nemico Manfred Weber, che incassando la sconfitta di oggi ha garantito di aver agito solamente secondo gli ideali del gruppo, senza alcun calcolo politico. Weber ha cercato di svincolarsi dalla narrativa che lo vuole sempre più vicino ai banchi di estrema destra, elencando le varie delegazioni nazionali del Ppe che sono apertamente contro i connazionali di Ecr e Id. I popolari polacchi, cechi e slovacchi su tutti. Ma il capogruppo non ha mai smentito un avvicinamento quanto meno ai Riformisti e Conservatori di Giorgia Meloni, che vedrebbero aumentare esponenzialmente la propria influenza in Europa in caso di un alleanza con Weber. “Siamo lieti che dopo tanti anni è emersa una consapevolezza nel Ppe per una serie di scelte sbagliate, sono segnali che ci danno molto ottimismo la prossima legislatura e speriamo anche per i prossimi mesi”, ha ammesso l’eurodeputato di Fratelli d’Italia Carlo Fidanza.
Perché già nei prossimi mesi, al rientro dalla pausa estiva, si vedrà come si disegneranno le alleanze politiche a Bruxelles. E si capirà se a prevalere sarà la volontà di preservare lo status quo o l’opportunità di farsi solleticare da posizioni più estremiste da campagna elettorale.