Bruxelles – Le minacce del presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, di sbloccare lo stallo sull’adesione della Svezia alla Nato solo quando Bruxelles aprirà di nuovo il percorso della Turchia nell’Unione Europea alla fine hanno avuto qualche effetto. Nonostante nella serata di ieri (10 luglio) sia stata trovata un’intesa all’ultimo minuto tra Ankara e Stoccolma prima del vertice Nato in programma tra oggi e domani a Vilnius per l’ingresso del Paese scandinavo nell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, il quasi ricatto di Erdoğan ha messo in luce qualche crepa tra le istituzioni comunitarie nell’approccio al percorso di avvicinamento della Turchia all’Unione. In particolare tra Consiglio e Commissione.
A mostrare che non c’è totale allineamento tra l’istituzione presieduta dal belga Charles Michel e quella guidata dalla tedesca Ursula von der Leyen sono state le dichiarazioni a sorpresa del primo, al termine di un incontro a Vilnius con il presidente turco a poche ore dalle minacce su un possibile legame tra il percorso di adesione della Svezia nella Nato e quello della Turchia nell’Ue. “Abbiamo esplorato le opportunità per riportare la cooperazione Ue-Turchia in primo piano”, ha reso noto il numero uno del Consiglio al termine del bilaterale, utilizzando l’espressione controversa “rivitalizzare le nostre relazioni” per riferirsi al rilancio del dialogo tra le due parti. Che non si tratti solo di parole di circostanza lo dimostrerebbe la precisazione fatta dallo stesso Michel che coinvolge anche la Commissione: “Il Consiglio Europeo ha invitato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza [Josep Borrell, ndr] e la Commissione Europea a presentare un rapporto per procedere in modo strategico e lungimirante“. La prossima settimana i ministri degli Esteri Ue si riuniranno per discutere anche delle relazioni tra Ue e Turchia (già in programma da tempo nell’agenda del Consiglio Affari Esteri).
Non è chiaro al momento se il presidente Michel si sia consultato con i Ventisette e con von der Leyen prima dell’incontro con Erdoğan, né il valore concreto delle sue promesse in relazione allo sblocco dell’adesione della Svezia alla Nato. Sta di fatto che solo poche ore prima era arrivata dalla Commissione una risposta gelida all’indirizzo di Ankara: “I due processi che avvengono in parallelo – l’adesione di nuovi membri alla Nato e il processo di allargamento dell’Unione Europea – sono separati“, ha messo in chiaro la portavoce dell’esecutivo comunitario, Dana Spinant. L’Unione ha un processo di allargamento “molto strutturato” e misure “molto chiare”, che sono richieste a “tutti i Paesi candidati e anche quelli che desiderano diventarlo”, è stata la netta precisazione sul fatto che “non si possono collegare i due processi“.
Alcuni interrogativi su cosa abbia promesso Michel a Erdoğan si sono però sollevati a Bruxelles, dal momento in cui la decisione della Turchia di togliere il veto all’adesione della Svezia alla Nato è arrivata a stretto giro dal bilaterale con il numero uno del Consiglio Ue. Da tenere in considerazione c’è anche una condizione stabilita dall’accordo tra Turchia e Svezia proprio nel trilaterale con il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, e il primo ministro svedese, Ulf Kristersson, in cui è stato sbloccato l’ingresso del nuovo membro nell’Alleanza Atlatica. Considerate le minacce di Erdoǧan, la risposta piccata della Commissione e il tweet di Michel, non è di poco conto il passaggio sul sostegno “attivo” che la Svezia si è impegnata ad assumere per “rinvigorire il processo di adesione della Turchia all’Unione Europea, compresa la modernizzazione dell’Unione doganale Ue-Turchia e la liberalizzazione dei visti“.
La Turchia nel Pacchetto Allargamento Ue 2022
I negoziati per l’adesione della Turchia all’Unione Europea sono stati avviati nel 2005, ma sono congelati ormai dal 2018 a causa dei “continui gravi passi indietro su democrazia, Stato di diritto, diritti fondamentali e indipendenza della magistratura”, come ripete dal 2020 il commissario responsabile per la Politica di vicinato e l’allargamento, Olivér Várhelyi. Lo stato dei rapporti tra Bruxelles e Ankara – per quanto riguarda il percorso di avvicinamento del Paese del Vicino Oriente all’Unione – è definito nel Pacchetto annuale sull’allargamento (pubblicato ogni autunno dalla Commissione Ue), come tutti i Paesi terzi candidati o che hanno fatto richiesta di adesione. Nel capitolo sulla Turchia dell’ultima relazione presentata nell’ottobre 2022 è stato messo nero su bianco che “non inverte la rotta e continua ad allontanarsi dalle posizioni Ue sullo Stato di diritto, aumentando le tensioni sul rispetto dei confini nel Mediterraneo Orientale”.
Le questioni riguardano sia gli affari interni, sia le relazioni con l’Unione. “Il funzionamento delle istituzioni democratiche turche presenta gravi carenze”, si legge nel rapporto dell’esecutivo comunitario, con un chiaro riferimento alle politiche di Erdoǧan: “L’architettura costituzionale ha continuato ad accentrare i poteri a livello della Presidenza senza garantire una solida ed efficace separazione dei poteri tra esecutivo, legislativo e giudiziario” e in assenza di un meccanismo di pesi e contrappesi “la responsabilità democratica del ramo esecutivo continua a essere limitata alle elezioni” (appena vinte dal leader al potere da 20 anni). La magistratura continua a prendere “sistematicamente” di mira i membri dei partiti di opposizione, mentre la democrazia locale nel Sud-est (dove vive una consistente minoranza curda) è “gravemente” ostacolata. La supervisione civile delle forze di sicurezza “non è stata consolidata” e non sono stati registrati progressi nel campo della riforma della pubblica amministrazione e della lotta anti-corruzione.
Critico il rispetto dei diritti umani, con molte delle misure introdotte durante lo stato di emergenza del 2018 che rimangono in vigore: “La procedura d’infrazione avviata dal Consiglio d’Europa nel febbraio 2022 ha segnato l’ennesimo punto di riferimento dell’allontanamento della Turchia dagli standard per i diritti umani e le libertà fondamentali“. Un “grave arretramento” è stato registrato anche per la libertà d’espressione, considerate le cause penali e le condanne di “giornalisti, difensori dei diritti umani, avvocati, scrittori, politici dell’opposizione, studenti, artisti e utenti dei social media”, così come per la libertà di riunione e associazione. Fonte di “grave preoccupazione” è anche la violenza di genere, la discriminazione e i discorsi di odio contro le minoranze, in particolare quella Lgbtq+.
Considerata la volontà di Ankara di modernizzare l’Unione doganale con l’Ue, spicca la poca preparazione sul “corretto funzionamento dell’economia di mercato turca” e l’inflazione ormai alle stelle, ma soprattutto le “ampie deviazioni dagli obblighi assunti” che “ostacolano gli scambi bilaterali”. Sono in “fase iniziale” i preparativi nei settori della libera circolazione dei lavoratori, del diritto di stabilimento e della libera prestazione di servizi, mentre “è proseguito l’arretramento della politica economica e monetaria, che riflette una politica inefficiente nel garantire la stabilità dei prezzi e nell’ancorare le aspettative di inflazione”. Al tema economico si connette anche la questione della guerra russa in Ucraina, nonostante il ruolo importante giocato da Ankara nello sblocco del grano ucraino e nella condanna dell’invasione: “Il mancato allineamento della Turchia alle misure restrittive dell’Ue” contro il Cremlino pone gravi problemi alla libera circolazione dei prodotti all’interno dell’Unione doganale, dal momento in cui “comporta il rischio di compromettere” le sanzioni Ue per i beni a duplice uso.
Durissimo il capitolo sulle relazioni esterne. “La politica estera unilaterale della Turchia ha continuato a essere in contrasto con le priorità dell’Ue”, in particolare per le azioni militari in Siria e Iraq e per il dispiegamento di soldati in Libia. A questo si somma la questione della delimitazione delle aree marittime nel Mediterraneo, con Ankara che dal 2019 continua a mettere in discussione i confini greci – e di conseguenza le frontiere esterne dell’Unione – a sud dell’isola di Creta. L’ultimo episodio di tensione risale all’ottobre dello scorso anno, quando Ankara ha siglato un nuovo accordo preliminare sull’esplorazione energetica con la Libia e “le navi da guerra turche hanno ostacolato illegalmente le attività di rilevamento nella zona economica esclusiva cipriota”. Nel contesto mediterraneo si inserisce anche la controversia diplomatica più che quarantennale sulla divisione dell’isola di Cipro, dove solo la Turchia riconosce l’autoproclamata Repubblica Turca di Cipro del Nord e dal 2017 sono fermi i tentativi di compromesso.
Ultimo, ma non per importanza, il file sulla politica migratoria e l’asilo. Nonostante il quadro di rapporti tesi tra Bruxelles e Ankara, nel marzo 2016 il leader turco è riuscito a far pesare il proprio potere negoziale nell’accordo stretto tra l’Ue e la Turchia per bloccare e accogliere sul suo territorio i rifugiati siriani in fuga dalla guerra in cambio di finanziamenti comunitari: “Del bilancio operativo completo di 6 miliardi di euro nell’ambito dello strumento per i rifugiati, oltre 4,7 miliardi di euro sono stati erogati entro giugno 2022“, ha reso noto la Commissione. Tuttavia per Bruxelles rimangono criticità sia sull’attuazione delle disposizioni sui cittadini di Paesi terzi contenute nell’accordo di riammissione Ue-Turchia, sia il rispetto dei parametri per la liberalizzazione dei visti ancora lontano.