Bruxelles – Un’altra tornata elettorale nell’Unione, prima delle elezioni europee del 2024. Il governo di Mark Rutte è crollato e i Paesi Bassi torneranno alle urne in autunno per cercare una nuova maggioranza parlamentare che dia risposta alla questione che ha portato alle dimissioni della coalizione in carica da gennaio dello scorso anno: la politica migratoria. Ma la vera notizia è che l’era del secondo capo di governo più longevo di tutta l’Ue (dopo l’ungherese Viktor Orbán) tramonterà fra pochi mesi: “Quando ci sarà un nuovo governo, lascerò la politica“, ha reso noto Rutte questa mattina (10 luglio), mettendo in chiaro che non proverà più a formare una coalizione di governo, dopo 13 anni di guida ininterrotta.
“Non è un segreto che i partner della coalizione abbiano opinioni molto diverse sulla politica migratoria e oggi dobbiamo trarre la conclusione che queste differenze sono inconciliabili“, ha commentato lo stesso premier olandese venerdì sera (7 luglio), annunciando le dimissioni per iscritto al re Guglielmo Alessandro (attese entro oggi). Dopo due giorni di negoziazioni tra mercoledì e giovedì scorso, la coalizione in carica dal 10 gennaio dello scorso anno è crollata per le tensioni ormai inconciliabili tra i quattro partiti che sostenevano il governo Rutte IV (Partito Popolare per la Libertà e la Democrazia, Democraten 66, Appello Cristiano Democratico e Unione Cristiana) sulla gestione delle persone migranti in arrivo nei Paesi Bassi. Nel 2022 sono state registrate poco più di 21.500 richieste di asilo, ma negli ultimi mesi si è aperta una divisione tra i due partiti più favorevoli a una stretta sulla migrazione – i popolari del ministro-presidente (che a dispetto del nome non fanno parte della famiglia politica del Partito Popolare Europeo, ma dei liberali di Renew Europe) e i cristiano-democratici – e i due partiti contrari a misure restrittive – i liberali di Democraten 66 e Unione Cristiana. Sul tavolo negoziale c’erano proposte per la creazione di due classi di asilo (una temporanea e una permanente) e per la riduzione del numero di familiari che possono raggiungere i richiedenti asilo nei Paesi Bassi.
A questo punto gli elettori olandesi saranno chiamati alle urne per la seconda volta in tre anni, in uno scenario politico questa volta non solo frammentato ma anche particolarmente polarizzato. Alle elezioni regionali di marzo il Movimento Civico-Contadino – partito populista che sostiene gli interessi degli agricoltori – ha conquistato il primo posto alle spese proprio dei popolari di Rutte, destabilizzando la coalizione di governo che avrebbe avuto come scadenza naturale di mandato il 2025. Oltre alla gestione della migrazione, la campagna elettorale nei Paesi Bassi sarà anche un primo banco di prova elettorale per un tema che a Bruxelles sta già creando tensioni tra i gruppi politici che sostengono la Commissione von der Leyen: la tenuta del Green Deal europeo. Il movimento populista espressione degli agricoltori ha fatto della lotta alle misure verdi presentate da Bruxelles il perno della propria politica e l’exploit elettorale di marzo ha destato particolare interesse soprattutto da parte dei popolari europei, che vogliono intercettare il malcontento di alcune categorie professionali e sociali in vista delle elezioni europee del giugno 2024.
Dai Paesi Bassi probabilmente a novembre – oltre che dalla Spagna il 23 luglio e dalla Polonia in autunno – arriveranno importanti indicazioni sugli umori dell’elettorato a proposito delle politiche dell’Unione per la protezione del clima e non solo, con l’attenzione da rivolgere soprattutto ai risultati dei partiti di destra. “Un cambio alla guida dei Paesi Bassi segnerebbe il tramonto definitivo dell’era Merkel per l’Ue, con un chiaro segnale da parte degli elettori: la vecchia leadership ha lasciato cicatrici pesanti e non è più in grado di guidare un’Europa profondamente cambiata”, ha commentato su Twitter l’eurodeputato leghista e presidente del gruppo di Identità e Democrazia, Marco Zanni.