Bruxelles – Fumata nera, di nuovo. La presidenza svedese – il cui semestre di turno alla guida dell’Ue si è concluso venerdì 30 giugno – non è riuscita neanche in extremis a far concordare ai 27 Stati membri una posizione comune sulla riforma del mercato elettrico. Un dossier energetico chiave proposto dalla Commissione europea lo scorso 14 marzo come pilastro normativo del Piano industriale per il Green Deal su cui sarà ora la nuova presidenza spagnola del Consiglio, subentrata a Stoccolma dal primo luglio e fino al 31 dicembre, a dover trovare un accordo.
Francia contro Germania, di nuovo. Come su molti altri dossier energetici, lo storico asse Parigi-Berlino non riesce a trovare una linea di indirizzo comune e si ritrova diviso anche sul nuovo assetto del mercato elettrico dell’Ue e sul ruolo dell’energia nucleare. Sulla riforma del mercato elettrico, i ministri europei dell’energia hanno cercato un accordo politico al Consiglio Energia del 19 giugno, ma senza successo. In buona sintesi, i ministri hanno raggiunto un accordo politico di massima su due di tre parti della proposta della Commissione europea: c’è intesa sul regolamento REMIT, relativo all’integrità e alla trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso, e sulla parte della revisione che riguarda la direttiva sul mercato elettrico, e dunque la protezione dei consumatori e prezzi durante una crisi energetica; è mancato invece il consenso politico sul nucleo duro della revisione, che incide sul regolamento del mercato elettrico e riguarda dunque i meccanismi di capacità e i contratti per differenza.
I governi sono divisi su dove indirizzare le entrate provenienti dai contratti per differenza, parte centrale della riforma di Bruxelles per rendere più stabile il prezzo dell’energia, e sul ruolo dei meccanismi di capacità, ovvero i regimi di sostegno per assicurare l’energia nei casi ad esempio di blackout. La presidenza di Stoccolma venerdì ha messo sul tavolo degli ambasciatori un ultimo tentativo di compromesso per cercare di sbloccare un accordo politico prima della fine del semestre, ma gli Stati membri non sono riusciti a superare le loro divisioni sull’applicazione dei contratti per differenza, che potrebbero valere in particolare per le strutture esistenti come le centrali nucleari: mentre la Francia vede in questo provvedimento un prezzo garantito per il suo nucleare, altri Paesi Ue guidati dalla Germania, Spagna, Austria temono che genererà aiuti sproporzionati al nucleare francese. Altro nodo rimasto in sospeso sono i limiti di emissione di CO2 che condizionano l’accesso a meccanismi di capacità, che potrebbero sovvenzionare alcuni centrali elettriche a carbone. Spetta ora alla nuova presidenza di Madrid sbloccare l’intesa al Consiglio Ue nell’ottica di avviare quanto prima i negoziati con l’Europarlamento: la commissione Industria, ricerca ed energia (Itre) dell’Eurocamera voterà il 19 luglio la posizione negoziale, e il testo finirà al voto dell’intera plenaria il prossimo settembre.