dall’inviato a Roma – La lotta ai cambiamenti climatici non si arresta, l’agenda sostenibile dell’Unione europea neppure. Gelsomina Vigliotti non ne ha dubbi, e lo scandisce in modo chiaro e inequivocabile. “Non so quanto i cambiamenti politici possono andare oltre questo tipo di approccio“, il ragionamento della vicepresidente della Banca europea per gli investimenti (Bei) e presidente Fondo europeo per gli investimenti (Fei), intervenendo all’evento di Gea-Eunews su ‘Il ruolo della finanza e del risparmio a sostegno della transizione’. Qualunque sia l’esito delle prossime elezioni europee e l’assetto politico che ne deriverà, non si smonterà il Green Deal né si rimetterà in discussione quanto fatto finora.
Quello della transizione sostenibile “è un processo ineluttabile, perché l’evidenza dei cambiamenti climatici non riguarda solo l’Europa”. Eì un processo, sottolinea, che “tutto il mondo la sta toccando con mano”. Tanto è vero che “se guardiamo i nostri competitor, in particolare gli Stati Uniti con l’Ira per favorire innovazione e transizione, vediamo che anche loro stanno ragionando” sul percorso di azioni e politiche che l’Unione europea ha deciso di intraprendere. Anche per ragioni squisitamente economiche, l’Ue non può tirarsi indietro, per evitare che indietro ci resti in una corsa che ormai è diventato globale. In questa corsa “il nostro ruolo è di grande sostegno all’economia europea, e anche italiana“.
I nuovi Parlamento e Commissione Ue che usciranno dalla urne il 9 giugno 2024 dunque non potranno permettersi ripensamenti. “Se avessi una Polaroid per vedere l’immagine dell’Unione europea fin qui, avrei una foto grigio-verde. Il futuro è verde“. Come l’impegno del gruppo Bei. “Ci siamo posti come obiettivi di avere, entro il 2025, la metà dei nostri investimenti per progetti di sostenibilità, e di mobilitare, entro il 2030, un trilione per la transizione ecologica“. Una scelta, quella della Bei, consapevole, certo. Perché “la sfida della transizione va affrontata”, Ma, ricorda Vigliotti, una scelta pur sempre “condivisa con i nostri azionisti, che sono gli Stati membri dell’Unione europea”. La politica sa che indietro non si torna.
Una visione sposata anche da Carlo Corazza, direttore dell’ufficio di collegamento del Parlamento Ue in Italia. “Senza green bond non si fa il green deal“. Porre un freno qui vuol dire smantellare anche tutti gli investimenti già fatti finora, creando incertezza nel mondo delle imprese e tra quegli investitori privati che servono. “Senza i privati e la finanza gli obiettivi non si riescono a raggiungere”.