Bruxelles – Si apre con un confronto intenso sugli scenari aperti dalla finanza sostenibile nello spingere la transizione verde delle aziende il primo panel Il quadro regolatorio e il dibattito Ue verso schemi di investimento sulla finanza Esg dell’evento ‘Green Economy Finance – Il ruolo della finanza e del risparmio a sostegno della transizione ecologica’, organizzato oggi (22 giugno) a Roma da Eunews e Gea – Green Economy Agency, entrambe parte del gruppo Withub. “La finanza green fa bene al sistema Paese e al mondo, ma o ci concentriamo oggi ad attuarla o nel 2050 mancheremo il nostro obiettivo“, ha avvertito il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, nel suo videomessaggio, parlando della necessità di “regolamentazione chiara, flussi coerenti e laicità nell’approccio a temi così complessi”.
Un confronto aperto dal responsabile Ufficio Regolamentazione di Consob, Mauro Bellofiore, riferendosi alla finanza sostenibile come “motore eccezionale” per la transizione verde, in cui “le regole vengono prima, ma poi devono seguire azioni sul campo” per “curare l’ambiente e riportarlo alla sua condizione iniziale”. È la tassonomia a definire la necessità di “migliorare almeno uno degli obiettivi Esg” – ovvero la governance ambientale, sociale e aziendale (Environmental, Social e Governance) – mentre nella proposta presentata dalla Commissione Europea lo scorso 13 giugno “è presente la consapevolezza dei problemi e la necessità di allargare gli obiettivi di sostenibilità“, per esempio la mitigazione e l’adattamento al cambiamento climatico in settori come la manifattura e i trasporti. Tuttavia, “serve proporzionalità degli obblighi, bisogna calibrare bene le regole per i piccoli operatori”, ha precisato Bellofiore: “È una sfida epocale“.
Sulle regole e la trasparenza si è concentrata anche la direttrice dell’area Credito e finanza di Confindustria, Francesca Brunori, di fronte a oneri per la transizione verde stimata a “mille miliardi di euro al 2030 per l’intero sistema, per le piccole e medie imprese pari a 100 miliardi“. Si tratta di “investimenti importanti in cui il ruolo della finanza sostenibile è cruciale”, ma in cui “incide il proliferare di nuove regole che hanno cambiato il rapporto tra imprese e istituzioni finanziarie”, ha sottolineato Brunori. In questo scenario “non dobbiamo abbandonare le imprese ad alta impronta carbonica, ma assisterle per aiutarle a diminuirla”, con un impegno che parte dalle stesse aziende: “Devono fornire a banche e istituzioni finanziarie informazioni dettagliate e coerenti sul percorso intrapreso, senza non si va da nessuna parte”. In altre parole, “tutto l’impianto della finanza sostenibile poggia sulla capacità delle imprese di fornire queste informazioni“, anche se “non tutte sono pronte o consapevoli allo stesso modo”. Ma allo stesso tempo, “nemmeno le regole sono prive di lacune e complessità da gestire”. Un esempio per Brunori è proprio la proposta del 13 giugno della Commissione: “Non ci sono ancora standard di reporting per evitare greenwashing e social washing“.
Su questo aspetto anche il sottosegretario Freni ha messo in chiaro che “molti investimenti green che potrebbero essere fatti non vengono attuati soprattutto per timore di una mutevolezza del quadro regolatorio, ma non possiamo più permettercelo”. Il presidente della commissione Finanze della Camera dei Deputati, Marco Osnato, ha invece fatto riferimento alla questione dei costi: “L’idea di indirizzare e favorire gli sviluppi sostenibili a livello ambientale è giusto, ma bisogna anche essere capaci di interpretare le capacità di sostenere le volontà di transizione ambientale dal punto di vista economico“. In questo senso preoccupa il fatto che “il servizio studi del Parlamento ci dice che nel periodo 2018-2021 gli investimenti in transizione verde con aiuti di Stato sono stati inferiori al dovuto, c’è un bel gap da recuperare”. In questo senso assume particolare rilevanza il ruolo della finanza sostenibile, come messo in chiaro dal vicedirettore generale e direttore Business di Cassa Depositi e Prestiti, Massimo Di Carlo: “Le attività di reporting e creazione di standard chiesta alle aziende private è costosa, ma è nostro compito aiutarle a produrla”. Un esempio è fornito proprio da Cassa Depositi e Prestiti: “In molti contratti inseriamo degli incentivi, riconoscendo uno sconto al raggiungimento di questi obiettivi come premio adeguato all’impegno, vedo crescente disponibilità dei nostri clienti”.
I numeri non mentono, conferma la responsabile Studi e ricerche dell’Associazione italiana del Private equity, venture capital e private debt (Aifi), Alessia Muzio: “La voglia di transizione verde c’è, non è più una cosa considerata come un obbligo, ma qualcosa che crea valore come innovarsi e diventare più internazionali”. Ecco perché “negli ultimi cinque anni, in particolare nel 2022, ci sono state tante operazioni di transizione verde”, soprattutto nel settore delle start-up, dove sono stati registrati “90 investimenti in imprese dedicate a queste attività, è una crescita importante”. Muzio ha poi precisato che “anche il mondo delle infrastrutture è importante” e solo lo scorso anno sono stati investiti “più di 10 miliardi di euro, in cui l’80 per cento è stato destinato a energia ed energia rinnovabile nello specifico”. Rimane però il fatto che in Italia la finanza sostenibile deve fare ancora molto: “Il nostro mercato è ancora molto piccolo rispetto a quello della Francia o di altri Paesi europei“, e la speranza è quella di vedere “operatori privati affiancati da quelli pubblici, in un momento in cui transizione verde è più necessaria che mai”.