Bruxelles – L’Italia dice ‘no’ alla Legge Ue sul ripristino della natura, ma non basta ad affossare il provvedimento. I ministri europei dell’Ambiente riuniti a Lussemburgo sono riusciti ugualmente ad adottare oggi (20 giugno) il mandato politico sulla proposta di regolamento ed sono pronti a negoziare con l’Eurocamera (una volta che avrà adottato a sua volta la posizione) per un accordo finale. Insieme all’Italia – rappresentata a Lussemburgo dal ministro per l’ambiente e la sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin – a votare contro anche Finlandia, Polonia, Paesi Bassi e Svezia (che tra l’altro è alla guida semestrale dell’Ue) mentre Austria e Belgio hanno deciso di astenersi. Per il via libera alla proposta era sufficiente raggiungere la maggioranza qualificata, che si ottiene quando il 55 per cento degli Stati membri vota a favore (in pratica 15 paesi su 27) e quando gli Stati membri che appoggiano la proposta rappresentano almeno il 65 per cento della popolazione totale dell’Ue. Dunque il blocco dei cinque ‘no’ non è stato sufficiente ad affossare il provvedimento.
“Speriamo che l’Europarlamento adotti il suo mandato a luglio e quindi possiamo avviare triloghi prima dell’estate e concludere entro la fine del 2023″, ha scritto su twitter il commissario europeo all’ambiente, Virginijus Sinkevičius, salutando con favore l’accordo politico su un testo diventato particolarmente divisivo a livello europeo. La proposta è stata avanzata dalla Commissione europea a giugno di un anno fa, nel quadro del Green Deal europeo, e punta a mettere in atto misure di ripristino per almeno il 20 per cento delle terre emerse e il 20 per cento delle aree marine dell’Ue entro il 2030, e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050, attraverso obiettivi specifici e obblighi giuridicamente vincolanti.
Per dare luce verde alla proposta della Commissione Ue, i 27 Paesi membri ne hanno annacquato alcune parti e hanno ricevuto la rassicurazione da parte della Commissione di mobilitare risorse aggiuntive, se ritenuto necessario, di fronte a eventuali “lacune di finanziamento” per l’attuazione degli obiettivi stabiliti dalla legge. Per l’Italia, l’intervento della Commissione non è stato comunque abbastanza per portarla a votare a favore del provvedimento. “Abbiamo di fronte uno strumento legislativo cruciale e proprio per questo non possiamo permetterci che questo strumento non sia applicabile ed efficace e che non sia sostenibile da tutte categorie interessate, come per i settori dell’agricoltura e della pesca”, ha spiegato Pichetto intervenendo in sessione pubblica a Lussemburgo.
La posizione sarà ora il mandato per negoziare con l’Europarlamento, che però ancora non ha adottato la posizione. Proprio all’Eurocamera, la proposta di legge è al centro di polemiche e di critiche, con il gruppo politico più numeroso in termini di seggi, il Partito popolare europeo (Ppe, 177 seggi in tutto) che ne ha addirittura chiesto il ritiro, con la minaccia di affossarla al voto in plenaria. A detta del gruppo, la proposta così come è potrebbe minacciare la produzione agricola e dunque la sicurezza alimentare in un momento delicato, come quello attuale, della guerra di Russia in Ucraina. Per alcuni, una mossa politica in vista delle elezioni europee del 2024, per trovare consenso nell’elettorato agricolo. Per altri, un tentativo di delegittimare l’attuale presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che fa parte della famiglia politica del Ppe e potrebbe ricandidarsi per un secondo mandato ed è la principale artefice del Patto verde per l’Europa, cardine della sua legislatura.
Lo scorso 15 giugno, dopo oltre tre ore di sessione di voto, emendamento per emendamento, il ritardo accumulato ha spinto la commissione ambiente (Envi) del Parlamento europeo a sospendere la votazione sul testo e rinviare alla prossima seduta in calendario del 27 giugno il voto sulla proposta di regolamento presentata dalla Commissione. In Envi la scorsa settimana è sembrato evidente che non c’è al momento una maggioranza in Parlamento europeo per bocciare la proposta di legge per il ripristino della natura, ma nemmeno una posizione chiara tra gli eurodeputati per sostenerla. Agli eurodeputati e in particolare al Ppe si è rivolto questa mattina il vicepresidente per il Green Deal, Frans Timmermans, rivelando di essere triste al pensiero “che alcuni stiano cercando di ridurre la politica climatica a una guerra culturale. Una volta che entri in un’opposizione tribale, i fatti smettono di contare”, ha detto. Ha poi aggiunto che la crisi climatica deve “trascendere le divergenze politiche, la lotta al cambiamento climatico non è una battaglia di ‘destra’ o di ‘sinistra’ ma deve essere panpolitica”.