Bruxelles – Fumata nera. Non sono bastate nove ore di riunione ai ministri europei riuniti a Lussemburgo al Consiglio Energia raggiungere un accordo politico sulla riforma del mercato elettrico dell’Ue, proposta dalla Commissione europea lo scorso 14 marzo come uno dei pilastri del Piano industriale per il Green Deal europeo. L’accordo per ora salta e il testo di compromesso tornerà nelle prossime ore sul tavolo degli ambasciatori degli Stati membri Ue (Coreper), per tentare di raggiungere un’intesa e concordare il cosiddetto ‘approccio generale’, il mandato politico del Consiglio per avviare i negoziati con l’Eurocamera (che dovrebbe raggiungere un accordo non prima di settembre).
Ad annunciare la fumata nera è la ministra svedese per l’Energia e l’Industria e presidente di turno al Consiglio Ue, Ebba Busch, in una breve apparizione nella sessione pubblica pomeridiana convocata solo per annunciare che un accordo non c’è. A livello legislativo la proposta dell’Esecutivo europeo si compone di una revisione della direttiva sull’energia elettrica e del regolamento REMIT, relativo all’integrità e alla trasparenza del mercato dell’energia all’ingrosso. In buona sintesi, i ministri hanno raggiunto un accordo politico di massima su due di tre parti della riforma del mercato elettrico: c’è intesa sul regolamento REMIT e sulla parte della revisione che riguarda la direttiva sul mercato elettrico, e dunque la protezione dei consumatori e prezzi durante una crisi energetica; è mancato invece il consenso politico sul nucleo duro della revisione, che incide sul regolamento del mercato elettrico e riguarda dunque i meccanismi di capacità e i contratti per differenza.
Su questo terzo punto “abbiamo fatto passi avanti”, ha sintetizzato Busch in conferenza stampa al termine della riunione. Ma non abbastanza da trovare un accordo a maggioranza qualificata. “Lasceremo ora agli ambasciatori Ue il compito di portare avanti il negoziato, abbiamo ancora speranza di riuscire a concludere” un’intesa su “questa terza parte della riforma durante il semestre di presidenza di Svezia”, che si concluderà il prossimo 30 giugno.
Busch ha esordito in conferenza stampa riferendo di negoziati “lunghi e difficili” tra i ministri, con posizioni difficili da avvicinare. Tanto che anche la riunione degli ambasciatori Ue sul dossier di venerdì si è chiusa con i rappresentanti dei 27 rimasti divisi sulla questione di dove indirizzare le entrate provenienti dai contratti per differenza, parte centrale della riforma di Bruxelles per rendere più stabile il prezzo dell’energia, e sul ruolo dei meccanismi di capacità, ovvero i regimi di sostegno per assicurare l’energia nei casi ad esempio di blackout. In particolare l’ultima bozza di compromesso messa sul tavolo dalla presidenza di turno prevedeva una proposta considerata da molti Stati membri controversa, che tra le altre cose prevede che i meccanismi di capacità in atto prima di luglio 2019 possano eludere temporaneamente il limite di emissioni CO2 che l’UE di solito impone a questi schemi, per convincere Paesi dell’Est, come la Polonia a sostenere il testo di compromesso.
Durante il giro di tavolo sul dossier che si è tenuto questa mattina al Consiglio Energia molti Stati membri, tra cui l’Italia, hanno sollevato criticità e solo una decina si è detta espressamente a favore del testo. Dalla proposta del 14 marzo, la presidenza di Svezia alla guida dell’Ue ha messo in tutto sei (l’ultima versione discussa venerdì) testi di compromesso con interventi mirati alla proposta della Commissione europea, che deve essere approvata dal Consiglio a maggioranza qualificata, che si raggiunge quando il 55% degli Stati membri vota a favore (in pratica, 15 Paesi su 27) e rappresentano almeno il 65% della popolazione totale dell’Ue. Al fianco della ministra, la commissaria europea all’energia, Kadri Simson, ha incalzato gli Stati membri a raggiungere un accordo quanto prima per assicurare la resilienza del mercato elettrico. Per Simson i ministri hanno raggiunto “un buon consenso su due parti della riforma, ma abbiamo bisogno di più tempo per un approccio generale”, ha spiegato, aggiungendo di sperare che gli ambasciatori possano superare i nodi rimasti da sciogliere sui contratti per differenza e sui meccanismi di capacità.