Bruxelles – Suona come un monito oscuro la tragedia che si è consumata questa notte al largo di Pylos, in Grecia, a sud del Peloponneso. Non è passata neanche una settimana dall’accordo raggiunto dai ministri degli Interni Ue su responsabilità e solidarietà degli Stati membri in materia di migrazione e asilo, ma per l’ennesima volta l’Unione europea si trova a fare la conta dei morti e dei dispersi a pochi chilometri dalle proprie coste.
Un barcone con oltre 700 passeggeri, partito quattro giorni fa da Tobruk in Libia e diretto in Italia, si è ribaltato nella zona Sar di competenza delle autorità greche, ree di non aver prestato soccorso nonostante le segnalazioni della Guardia Costiera Italiana, di Frontex e di diverse Ong. Al momento, secondo quanto riferito dalla Guardia Costiera Greca che sta coordinando le operazioni di ricerca, sarebbero 78 le vittime, 104 i migranti tratti in salvo. Se è vero che secondo le testimonianze dei superstiti a bordo erano 750, il numero dei dispersi assume dimensioni drammatiche.
La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si è detta “profondamente addolorata per la notizia del naufragio” e “molto preoccupata per il numero di persone scomparse”. Le ha fatto immediatamente eco Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, che in un tweet ha definito l’accaduto “un promemoria straziante” per i leader Ue, che “affronteranno la questione al vertice di giugno”. Perché, dopo la soddisfazione per lo storico accordo su due dossier chiave del nuovo Patto per la migrazione e l’asilo, suona come una triste beffa dover cercare i responsabili di quella che si prefigura come una delle peggiori tragedie nel Mar Mediterraneo.
Pylos come Cutro: tante segnalazioni, nessun soccorso ai migranti
Le autorità greche erano state informate nella giornata di martedì della presenza di un’imbarcazione “con un grande numero di stranieri a bordo”. In un comunicato, la Guardia Costiera greca assicura di aver effettuato “diverse telefonate consecutive alla nave per offrire aiuto”, che avrebbero ricevuto “una risposta negativa”. In serata, una motovedetta della Guardia Costiera si sarebbe avvicinata al peschereccio per consegnare acqua e cibo, ma da Atene sostengono che i passeggeri “hanno rifiutato qualsiasi tipo di aiuto” esprimendo “il desiderio di proseguire il viaggio fino in Italia”. L’operazione di ricerca e soccorso sarebbe scattata alle prime luci dell’alba, quando il barcone si era però già rovesciato e affondato.
La domanda che ricorre puntuale è sempre la stessa: perché un peschereccio segnalato da tanti non è stato soccorso da nessuno? La vicenda ricalca fedelmente gli eventi che hanno portato al naufragio dello scorso 26 febbraio a Cutro, in Calabria. In quel caso, per appurare le responsabilità della tragedia è stata aperta un’inchiesta dalla procura di Crotone, ma che l’empasse tra i diversi attori si sia ripetuta in fotocopia rende evidente l’inadeguata organizzazione quando si tratta di prevenire i naufragi in mare.
Come sottolineato dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni, siamo di fronte a “un’altra tragedia nell’Egeo che rafforza l’urgenza di un’azione concreta e globale da parte degli Stati per salvare vite in mare e ridurre i viaggi pericolosi, ampliando i percorsi sicuri e regolari per la migrazione”. Anche perché, dal rapporto dell’Unhcr pubblicato in occasione della giornata mondiale del rifugiato -che si celebra il prossimo 20 giugno- i profughi nel mondo hanno superato quota 110 milioni: un trend sempre in crescita, 20 milioni in più rispetto all’anno precedente. E molti di loro continueranno a bussare alle porte dell’Europa.