Bruxelles – Il Partito popolare europeo (Ppe) fa sul serio con la sua campagna per affossare il Green Deal targato von der Leyen. Il gruppo politico più numeroso (per numero di seggi, 177) al Parlamento europeo ha deciso di ritirarsi dai negoziati interparlamentari con gli altri gruppi politici sulla proposta di regolamento della Commissione europea per il ripristino della natura, che ha contribuito a far bocciare in due commissioni parlamentari non competenti sul dossier, la commissione agricoltura e sviluppo rurale (Agri) e la commissione per la pesca (Pesch)
“La proposta era sbagliata in partenza e le nostre preoccupazioni rimangono senza risposta”, hanno dichiarato il capogruppo Manfred Weber e il capo negoziatore del gruppo sul testo, Christine Schneider, in una nota. Il gruppo denuncia il fatto che se il regolamento dovesse entrare in vigore come proposto dalla Commissione europea porterebbe “a una minore produzione alimentare in Europa, spingendo i prezzi dei prodotti alimentari ancora più in alto, rischiando di minare ulteriormente la sicurezza alimentare in Africa e bloccando i progetti infrastrutturali che sono fondamentali per la nostra transizione climatica. Questo per noi è semplicemente inaccettabile”.
Il Patto verde per l’Europa – presentato dalla Commissione europea nel 2019 come pilastro della legislatura e strategia di crescita economica – negli ultimi mesi è stato preso di mira dal Ppe, il gruppo con il maggior numero di seggi all’Europarlamento. Per alcuni, una mossa politica in vista delle elezioni europee del 2024, per trovare consenso nell’elettorato agricolo. Per altri, un tentativo di delegittimare l’attuale presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, che fa parte della famiglia politica del Ppe e potrebbe ricandidarsi per un secondo mandato ed è la principale artefice del Patto verde per l’Europa, cardine della sua legislatura. Ad ogni modo, la levata di scudi da parte del centrodestra europeo è un fatto reale. Il Ppe, sta facendo leva sulla minaccia della produzione alimentare e sui mezzi di sussistenza degli agricoltori, per attaccare alcune delle legislazioni chiave del Green Deal, ovvero la proposta di dimezzare l’uso di pesticidi previsto dalla strategia ‘Farm to Fork’ e ripristinare un quinto degli habitat danneggiati in tutta l’Europa entro il 2030 attraverso la Legge per la conservazione della natura.
L’opposizione sui due dossier del Green Deal è emersa con chiarezza questa settimana con due votazioni in commissione al Parlamento europeo. Martedì è stata la commissione agricoltura e sviluppo rurale (Agri) del Parlamento europeo ad approvare con 30 voti a favore e 16 contrari un parere per rigettare la proposta di regolamento della Commissione europea sul ripristino della natura. Il giorno successivo la stessa bocciatura sul file è arrivata dalla commissione parlamentare della Pesca. Le due commissioni non sono direttamente competenti sul file, ma l’aver affossato la proposta della Commissione europea era un chiaro segnale politico alla commissione per l’Ambiente (Envi), competente per la materia. Envi è chiamata ad approvare la sua posizione il prossimo 15 e il risultato non è scontato. Se non dovesse passare, l’esecutivo potrebbe pensare di rivedere alcune parti della legislazione per non correre il rischio di vedersi bocciare la proposta da uno dei due co-legislatori europei.
La mossa di sfilarsi dal negoziato interparlamentare è stata condannata dagli altri gruppi politici. “Che spettacolo vergognoso: il gruppo più numeroso del Parlamento europeo sta facendo giochi di potere contro la propria presidente della Commissione e il Green Deal. Il PPE ha perso la sua bussola morale”, ha denunciato il co-presidente dei Verdi europei, Philippe Lamberts.