Bruxelles – La Commissione europea ha deciso di deferire nuovamente l’Italia alla Corte di giustizia dell’Ue in quanto il Paese non ha dato piena esecuzione a una sentenza della Corte del 10 aprile 2014 relativa al trattamento delle acque reflue urbane.
La Corte aveva allora stabilito che l’Italia era “venuta meno agli obblighi derivanti dalla direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane (direttiva 91/271/CEE del Consiglio) in quanto 41 agglomerati non avevano garantito la raccolta e il trattamento adeguati delle acque reflue urbane”.
Nonostante i notevoli progressi compiuti, però le acque reflue urbane non sono ancora adeguatamente trattate in cinque agglomerati: uno in Valle d’Aosta e quattro in Sicilia. La mancanza di adeguati sistemi di trattamento comporta rischi significativi per la salute umana, le acque interne e l’ambiente marino nelle aree critiche sotto il profilo ecologico in cui sono scaricate le acque reflue non trattate.
Nonostante la lettera di costituzione in mora, inviata dalla Commissione all’Italia il 17 maggio 2018, i cinque agglomerati “non risultano ancora conformi”. Sulla base delle informazioni trasmesse dalle autorità italiane, la piena conformità alla sentenza del 10 aprile 2014 non sarà raggiunta prima del 2027; tuttavia l’Italia avrebbe dovuto garantire il rispetto della direttiva sul trattamento delle acque reflue urbane sin dal 31 dicembre 1998. Questo secondo deferimento alla Corte può comportare l’irrogazione di sanzioni pecuniarie, tenuto conto della gravità e del protrarsi dell’infrazione.
“La piena attuazione degli standard stabiliti nella legislazione dell’Ue – sottolinea la Commissione – è fondamentale per proteggere la salute umana e salvaguardare l’ambiente naturale. Il Green Deal europeo stabilisce l’obiettivo “inquinamento zero” per l’Ue”.
La direttiva concernente il trattamento delle acque reflue urbane impone agli Stati membri di garantire che gli agglomerati (città, centri urbani, insediamenti) raccolgano e trattino correttamente le acque reflue: quelle non trattate possono essere contaminate da batteri nocivi e rappresentano pertanto un rischio per la salute pubblica. Contengono tra l’altro nutrienti, come l’azoto e il fosforo, che possono danneggiare le acque dolci e l’ambiente marino favorendo la proliferazione eccessiva di alghe che soffocano altre forme di vita, processo conosciuto come eutrofizzazione.