Bruxelles – Continuano gli appelli europei per porre fine all’illegale occupazione israeliana nei territori palestinesi. Ma, invece che ridursi, le colonie sono sempre di più: dopo il via libera, datato 17 maggio, del governo israeliano per la costruzione di oltre 600 unità abitative negli insediamenti esistenti e nuovi in Cisgiordania, il 22 maggio gli abitanti di Ein Samiya, piccolo villaggio a pochi chilometri da Ramallah, hanno dovuto dire addio alle proprie case dopo anni di angherie subite per mano di cittadini israeliani.
“L’Ue è sconvolta nell’apprendere che la comunità palestinese di Ein Samiya, che comprende 172 persone, tra cui 78 bambini, è stata costretta a lasciare definitivamente le proprie case a seguito dei ripetuti attacchi dei coloni e degli ordini di demolizione”, ha dichiarato in una nota Peter Stano, portavoce del Servizio Europeo di Azione Esterna (Seae). Dopo diversi episodi di violenza, restrizioni sulla costruzione di case e infrastrutture, demolizioni – l’ultima approvata da Tel Aviv riguarda una scuola finanziata proprio dall’Unione Europea- gli abitanti palestinesi hanno alzato bandiera bianca. Se anche la scuola del villaggio verrà rasa al suolo, andrà ad aggiungersi alle 101 costruzioni finanziate dall’Unione Europea o dai suoi Stati membri demolite lo scorso anno da Israele, per un valore di circa 337 mila euro.
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Anche il commissario Ue per la gestione delle crisi, Janez Lenarčič, ha espresso dure parole di condanna: “Lo sgombero forzato dei palestinesi dalla Cisgiordania, la demolizione delle strutture finanziate dai donatori, la violenza e la coercizione devono finire. Esorto Israele a prevenire i trasferimenti forzati, porre fine alle violazioni del diritto internazionale e garantire la sicurezza delle persone colpite”, ha dichiarato su Twitter.
Oggi sono circa 475 mila i coloni israeliani che vivono in insediamenti, autorizzati dal governo, nella West Bank palestinese. “Gli insediamenti – ha ricordato il portavoce dell’Alto rappresentante Ue, Josep Borrell – sono illegali secondo il diritto internazionale e minano la praticabilità della soluzione dei due Stati. Tali azioni unilaterali vanno contro gli sforzi per abbassare le tensioni sul terreno”.