Bruxelles – La Commissione europea non ha motivato la propria conclusione secondo cui gli aiuti di stato italiani alle compagnie aeree nazionali concessi durante la pandemia non erano contrari a disposizioni di diritto dell’Unione diverse da quelle relative agli aiuti di Stato, così ha stabilito il Tribunale dell’Ue, che ha annullato la decisione. Ryanair, che aveva contestato la misura, batte in giudizio lo stato italiano.
Nell’ottobre 2020, la Repubblica italiana ha notificato alla Commissione europea una misura di aiuto consistente in
sovvenzioni erogate a talune compagnie aeree titolari di una licenza italiana mediante un fondo di compensazione
di 130 milioni. L’intervento mirava a ovviare ai danni subiti dalle compagnie aeree ammissibili a causa delle restrizioni di viaggio e delle altre misure di confinamento adottate nell’ambito della pandemia di COVID-19.
Conformemente a una delle condizioni di ammissibilità previste dalla misura in questione, per poter beneficiare di
quest’ultima, le compagnie aeree dovevano applicare ai loro dipendenti con base di servizio in Italia, nonché ai
dipendenti di imprese terze partecipanti alle loro attività, un trattamento retributivo pari o superiore a quello
minimo stabilito dal contratto collettivo nazionale applicabile al settore del trasporto aereo, concluso dalle
organizzazioni datoriali e sindacali considerate come le più rappresentative a livello nazionale .
Senza avviare il procedimento d’indagine formale (articolo 108, paragrafo 2, TFUE) la Commissione ha deciso
di non sollevare obiezioni nei riguardi della misura, con la motivazione che la stessa era compatibile
con il mercato interno.
La compagnia irlandese Ryanair ha però introdotto un ricorso di annullamento depo 25 bonus 25 della decisone, che il Tribunale ha accolto, per violazione dell’obbligo di motivazione previsto dall’articolo 296 TFUE.
Il giudizio del Tribunale
Secondo una giurisprudenza costante, una decisione di non avviare il procedimento d’indagine formale in relazione
ad un aiuto notificato deve contenere le ragioni per le quali la Commissione ritiene che non sussistano serie
difficoltà di valutazione della compatibilità dell’aiuto considerato con il mercato interno. Anche se una motivazione
succinta è sufficiente su tale punto, essa deve far apparire in modo chiaro e inequivocabile le ragioni per le quali la
Commissione ha ritenuto di non essere in presenza di simili difficoltà.
Secondo i magistrati europei in questo caso però le condizioni non sono state verificate, in particolare perché la Commissione avrebbe dovuto pronunciarsi sulla pertinenza dell’articolo 56 TFUE ai fini del suo esame della compatibilità della misura in questione con il mercato interno.
Dunque il Tribunale conclude che la Commissione ha violato l’obbligo di motivazione impostole dall’articolo 296 TFUE e ha annullato, di conseguenza, la decisione impugnata.