Bruxelles – La Lombardia rischia di chiudere “il 75 per cento delle attività industriali e il 60 per cento dei suoi allevamenti“, di dover impedire la circolazione di “tre quarti dei veicoli” attuali e di vedere fuori legge “il 75 per cento dei suoi impianti di riscaldamento”. La fotografia scattata dal presidente della Regione, Attilio Fontana, è drammatica: con l’applicazione della revisione della direttiva Ue sulla qualità dell’aria “si andrebbero a creare situazioni inaccettabili sul territorio”, che porterebbero inesorabilmente nella direzione di “far chiudere la Lombardia e l’intera Pianura Padana“.
Bruxelles è avvisata: “Il prodotto interno lordo della Lombardia rappresenta il 22 per cento del Pil italiano” e con quello di Veneto, Emilia Romagna e Piemonte “si arriva a oltre la metà del Pil nazionale”. Se cadono loro, cade l’Italia. Se cade l’Italia, a rimetterci è tutta l’Europa. A nome dei governatori delle quattro Regioni più industrializzate d’Italia, Fontana ha presentato nella capitale Ue il “Manifesto della Lombardia a sostegno delle politiche per la qualità dell’aria in Europa”, un documento di posizionamento in netto contrasto con la direzione impressa dalla Commissione europea per raggiungere l’obiettivo della neutralità climatica entro il 2050.
Nel percorso a tappe forzate previsto dal Green Deal europeo, lo scorso 26 ottobre 2022 l’esecutivo von der Leyen ha proposto una stretta sugli attuali limiti consentiti di alcune sostanze inquinanti: particolato (PM), ozono (O₃), biossido di azoto (NO₂), biossido di zolfo (SO₂) e monossido di carbonio (CO). La revisione alla direttiva vigente, che risale al 2008, fisserebbe nuove norme provvisorie di qualità dell’aria in Ue per il 2030, allineandole alle indicazioni più recenti dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e ponendo i 27 sulla traiettoria per raggiungere l’ambizioso obiettivo di metà secolo. Ad esempio, per quanto riguarda il particolato fine (Pm2,5), principale inquinante, la Commissione ha proposto di ridurre di oltre la metà il valore limite annuo presente nell’atmosfera, da 25 a 10 microgrammi per metro cubo.
Il problema è morfologico, Fontana: “Responsabili del fatto di vivere in Pianura padana”
“Non chiediamo deroghe, ma che l’Unione europea valuti le specificità dei nostri territori”, ha chiarito Fontana. Perché il problema non sarebbero la mancanza di volontà o il negazionismo climatico delle Regioni, ma la conformazione morfologica del bacino padano. “Purtroppo viviamo una situazione difficile dal punto di vista orografico, circondati per tre quarti da montagne, Alpi e Appennini, per cui c’è scarsa circolazione dell’aria, non ci sono venti e quindi le sostanze rimangono stanziali”, ha spiegato il governatore leghista. Insomma, per l’Europa le popolazioni di Emilia Romagna, Veneto, Lombardia e Piemonte sarebbero “responsabili del fatto di vivere in Pianura padana”.
All’opposto rispetto a una narrazione che “diffonde l’idea che non si stia facendo niente per migliorare la qualità dell’aria”, secondo Fontana la regione padana “dovrebbe essere considerata tra i virtuosi d’Europa“. Addirittura la Lombardia, attraverso il Piano Regionale degli interventi per la qualità dell’Aria (Pria), negli ultimi 15 anni sarebbe arrivata a immettere nell’atmosfera “una quantità di inquinanti pari a un terzo dei limiti posti dalle normative europee”.
Non sarebbe solo la Pianura Padana a subire questa discriminazione territoriale, ma “anche aree della Catalogna, nella regione di Madrid e in Olanda”. Per questo motivo la speranza di Fontana, e del governo italiano, è riuscire a “allargare per quanto possibile il consenso sulla nostra posizione ad altri Paesi”. Come ha spiegato l’ambasciatore aggiunto presso l’Unione Europea, Stefano Verrecchia, il prossimo appuntamento formale in cui si terrà un dibattito sul tema è previsto per il 20 giugno, in occasione del Consiglio Ambiente. Sarà compito del ministro Pichetto Fratin convincere dell’irrazionalità della proposta Ue “gli altri Paesi che si sono mostrati cauti, tra cui Germania e Francia”.