Bruxelles – Stampa a un bivio. I giovani non si informano, non sfogliano giornali né accedono a siti, e gli adulti vanno dove i contenuti sono gratuiti. In questo contesto la pubblicità rimane la principale forma di finanziamento per le testate, che però on-line subiscono la concorrenza dei social media e degli aggregatori di notizie, Facebook e Google su tutti, che rosicchiano i margini di guadagno. L’informazione nell’Ue non attraversa un momento semplice, come testimonia il primo rapporto sulle prospettiva dell’industria audio-visiva e dei mezzi d’informazione redatto dalla Commissione europea.
Da una parte il progresso tecnologico e l’utilizzo sempre più massiccio di internet, dall’altra parte un disinteresse crescente per le notizie, a cui si aggiunge la convinzione sempre più diffusa per cui l’informazione non dovrebbe essere un servizio a pagamento bensì un diritto, e quindi a costo zero. L‘83,8 per cento dei consumatori consultati concorda con l’affermazione secondo cui “una sorta di notizia accurata dovrebbe essere disponibile gratuitamente a tutti”. Ma in generale, a livello Ue, sette cittadini su dieci (70 per cento) cercano free press o siti senza paywall, la barriera di accesso alla lettura dietro abbonamento. Un dato che in Francia e Spagna riguarda tre persone su quattro (74 per cento e 76 per cento rispettivamente) e che vede l’Italia non lontano dall’andamento generale (66 per cento).
L’inflazione dunque non aiuta la carta stampata. All’interno del mercato unico il prezzo di una tonnellata di carta è più che raddoppiato tra il primo trimestre del 2021 e il quarto trimestre 2022, passando da 400 euro e 900 euro e provocando un aumento nel prezzo di vendita di quotidiani, settimanali e mensili.
La Commissione rileva che le persone apprezzano le notizie, ma ciò non significa che siano pronte a pagarle. I consumatori hanno un vivo interesse per diversi tipi di notizie e sono anche consapevoli del valore che hanno per la società nel suo insieme. Tuttavia, gli europei in generale non pagano per accedere ai contenuti news. “Questo divario tra il valore associato ai contenuti delle notizie e la loro monetizzazione rappresenta una sfida chiave per la sostenibilità economica dei mezzi di informazione“. Soprattutto on-line.
Anche e soprattutto sul web la grande maggioranza dei consumatori preferisce ancora utilizzare contenuti di notizie gratuiti o servizi ‘free’. Gli abbonamenti digitali sono il metodo più popolare per pagare l’accesso ai contenuti delle notizie, ma sono utilizzati solo dal 13 per cento degli intervistati. In questo contesto, “la pubblicità rimane fondamentale nel mix di finanziamento, ma non avvantaggia i media come in passato“. Perché su internet piattaforme come Facebook o Google sono riuscite a “catturare quote importanti dei ricavi della pubblicità digitale”, soprattutto nel caso del programmatic advertising.
In tutto il territorio dell’Ue ci sono poi cittadini che non consumano notizie. Questo fenomeno di voluto restare disinformati è sempre più segnalato nel 2022 in paesi come l’Italia, la Spagna o la Francia, dove già più di un terzo dei consumatori ha dichiarato di evitare attivamente le notizie, e il fenomeno colpisce in via prioritaria i giovani. Per questo le imprese del settore sono ’emigrate’ sui nuovi canali social. Complessivamente, quasi il 90 per cento dei principali editori in Francia e Spagna, il 50 per cento in Germania e il 30 per cento in Italia “sono sempre più attivi su una piattaforma come TikTok per rivolgersi a un pubblico più giovane, anche se devono ancora scoprire come monetizzare i contenuti e canalizzare traffico verso i propri account o siti web”.
Se i grandi gruppi sono al lavoro per reinventarsi, i piccoli rischiano di pagare a caro prezzo la transizione digitale e un mercato in crisi di lettori e sottoscrittori. I secondi “a volte non dispongono di risorse finanziarie sufficienti per investire in redazioni digitali, nuovi modelli di monetizzazione, competenze digitali o relative ai dati”.
Di fondo c’è la questione della fiducia. Il settore dell’informazione sconta uno scetticismo crescente. La fonte mediatica più attendibile è la radio, che ha goduto della fiducia del 56 per cento dei consumatori dell’UE nel 2022, seguita da vicino dalla televisione e dalla carta stampata con il 49 per cento. Vuol dire che una persona su due non fa affidamento sui giornali. Oltre tre persone su dieci (35 per cento) si fidano di fonti Internet e due su dieci (19 per cento). C’è dunque una platea di persone che si espone al rischio del problema fake-news pubblicate su blog e portali non professionali.