Bruxelles – La notizia è arrivata come un fulmine a ciel sereno, prima secondo voci di corridoio riportate da alcuni media bulgari e poi confermata dalla leadership dei popolari europei, prima dell’ufficialità arrivata oggi da Sofia. La commissaria europea responsabile per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù, Mariya Gabriel, è stata nominata dal partito conservatore Gerb (Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria) come prima ministra designata della Bulgaria, che avrà ora il compito di tentare di formare un governo più stabile di quelli visti negli ultimi due anni.
Dopo le indiscrezioni della giornata di ieri (9 maggio), l’ufficialità della designazione di Gabriel è arrivata questa mattina nel corso di una comunicazione del leader ed ex-premier bulgaro, Boyko Borissov, all’Assemblea nazionale. “Il nostro primo ministro sarà una persona in grado di mettere ordine al caos e guidare l’economia, l’industria e la modernizzazione nella direzione che tutti ci aspettiamo”, ha annunciato, facendo riferimento alla commissaria europea: “Siamo determinati a formare un governo a qualsiasi costo, faccio appello a tutti i partiti, perché nuove elezioni ad agosto, senza un bilancio, sarebbero un disastro”. Il compito più arduo per Gabriel sarà quello di cercare il sostegno delle altre forze parlamentari per formare un esecutivo – dopo cinque tornate di elezioni in due anni nel Paese più instabile di tutta l’Unione – e solo successivamente occuparsi di tutte le sfide della Bulgaria: sbloccare i fondi europei previsti dal Pnrr, portare a termine la riforma della giustizia e realizzare l’ingresso nell’area Schengen. “Accogliamo con grande favore la nomina di Mariya Gabriel a prima ministra designata della Bulgaria”, ha salutato la notizia il presidente del Partito Popolare Europeo (Ppe), Manfred Weber: “Ha l’esperienza e l’autorità internazionale per superare lo stallo politico di Sofia”.
Rispondendo alle domande della stampa, la portavoce della Commissione Europea Dana Spinant ha specificato che la presidente dell’esecutivo comunitario, Ursula von der Leyen, “ha garantito un congedo non retribuito a partire da oggi” alla commissaria Gabriel “per partecipare alla possibile formazione del governo nel suo Paese”. Nel frattempo il suo portafoglio “sarà assunto dai vicepresidenti che coprono le competenze della commissaria”, ovvero la vicepresidente per il Digitale, Margrethe Vestager, e per lo Stile di vita europeo, Margaritis Schinas. In ogni caso “la Commissione informerà anche Parlamento e Consiglio dell’Ue, secondo quanto previsto dalle procedure”, ha precisato la portavoce. A quanto si apprende a Bruxelles, la commissaria Gabriel ha informato ieri la presidente von der Leyen “sullo sviluppo della situazione che la riguarda” ed è stata proprio lei a chiedere il congedo non retribuito probabilmente per qualche settimana “secondo il codice di condotta della Commissione”. Lunedì prossimo (15 maggio) il presidente della Repubblica di Bulgaria, Rumen Radev, conferirà il primo mandato per la formazione del gabinetto a Gerb – che ha 69 seggi all’Assemblea nazionale su 240 – e si dovranno portare avanti le trattative con partiti particolarmente restii a trovare un accordo di compromesso.
In caso di successo – al momento improbabile – nel formare una maggioranza di governo e della nomina di Gabriel a prima ministra, dovranno essere presentate le dimissioni da commissaria europea, secondo quanto previsto dagli articoli 245 e 246 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue): “I membri della Commissione si astengono da ogni atto incompatibile con il carattere delle loro funzioni” e “gli Stati membri rispettano la loro indipendenza e non cercano di influenzarli nell’adempimento dei loro compiti”. In linea generale, in caso di dimissioni di un membro dell’esecutivo Ue le regole sulla nomina seguono lo stesso iter di inizio mandato: il governo nazionale propone il nome, che deve essere approvato dal Consiglio in accordo con la presidenza della Commissione, previa consultazione con il Parlamento. C’è anche un altro scenario per cui Gabriel potrebbe non essere affatto sostituita: “Il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta del presidente della Commissione, può decidere che tale posto divenuto vacante non deve essere coperto, in particolare se la restante durata del mandato è breve“, recita l’articolo 246. Alla fine del mandato del gabinetto von der Leyen manca circa un anno e mezzo.
Chi è Mariya Gabriel
La politica 43enne (all’anagrafe Mariya Nedelcheva) è un personaggio di lungo corso a Bruxelles, dopo gli studi in lingue e relazioni internazionali tra Bulgaria e Francia. Nel 2009 è stata eletta per la prima volta come eurodeputata tra le fila di Gerb, prendendo parte ai lavori delle commissioni per l’Agricoltura e lo sviluppo rurale (Agri) e per le Petizioni (Peti), ma anche in quella speciale sulla Criminalità organizzata, corruzione e riciclaggio di denaro. Nel 2014 è arrivata la rielezione al Parlamento Ue, quando è diventata capa-delegazione dei conservatori bulgari e vice-presidente del gruppo del Ppe: sotto la sua guida è stata preparata la Posizione strategica per il Mediterraneo dei popolari europei e ha partecipato come membro ai lavori della commissione per le Libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Libe).
Nel 2017 l’allora presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, ha nominato Gabriel – su proposta dell’ex-premier Borissov – commissaria europea responsabile per il Digitale, prendendo il posto di Günther Oettinger, a sua volta chiamato a sostituire al Bilancio e risorse umane Kristalina Georgieva, oggi direttrice operativa del Fondo Monetario Internazionale e sei anni fa nominata direttrice generale della Banca Mondiale. Nel 2019 la nuova presidente dell’esecutivo comunitario von der Leyen ha riconfermato la fiducia in Gabriel, nominandola commissaria per l’Innovazione, la ricerca, la cultura, l’istruzione e la gioventù e affidandole il programma Horizon Europe, con una dotazione per il periodo 2021-2027di 95,5 miliardi di euro.
Due anni di instabilità in Bulgaria
In caso di nomina a prima ministra, Gabriel dovrà tentare di cambiare il volto di Gerb davanti all’opinione pubblica nazionale (ed europea), considerato il fatto che il partito conservatore e il suo leader Borissov sono considerati l’incarnazione della corruzione nel Paese, dopo oltre un decennio di potere quasi ininterrotto dal 2009 al 2021. Già alle elezioni del 4 aprile 2021 i conservatori si erano confermati come prima forza, ma in uno scenario politico estremamente frammentato. Dopo tre mesi di negoziati falliti per la formazione di un esecutivo, il presidente Radev aveva deciso il ritorno anticipato alle urne: la propaganda anti-sistema aveva premiato il movimento populista C’è un popolo come questo, fondato dallo showman Slavi Trifonov alle elezioni dell’11 luglio. Dopo altri quattro mesi di trattative fallimentari tra i partiti, il presidente Radev era stato costretto a convocare nuove elezioni anticipate per novembre dello stesso anno.
Il 14 novembre 2021 un quarto delle preferenze erano andate al partito anti-corruzione Continuiamo il cambiamento, scavalcando i conservatori di Gerb e relegando nell’ombra i populisti di Trifonov. Con l’appoggio di queste due forze Petkov era stato nominato premier, per la prima volta con un senso di stabilità e programmazione per il futuro del Paese: sotto la sua guida sono stati portati avanti i colloqui con la Macedonia del Nord per superare la disputa identitaria che bloccava da dicembre 2020 l’apertura dei negoziati per l’adesione di Skopje all’Ue. Proprio questo impegno è stato fatale a Petkov, anche se non gli ha impedito di portare a compimento la revoca del veto. Prima il partito di Trifonov è passato all’opposizione e poi, il 22 giugno 2022, il governo è stato sfiduciato con una mozione presentata da Gerb. Dopo un giro di consultazioni inconcludenti si è tornati al voto a ottobre, con il nuovo primo posto dell’ex-premier Borissov ma la solita incapacità di raggiungere un accordo di governo tra i partiti. Le ultime elezioni del 2 aprile hanno confermato l’ormai cronico stallo politico: le due formazioni più consolidate si ritrovano appaiate attorno al 25 per cento dei voti, mentre questa volta sono in ascesa nazionalisti filo-russi e anti-europeisti di Vazrazhdane (Rinascita), che hanno conquistato il 14,39 per cento delle preferenze e il terzo posto assoluto.