Bruxelles – La proposta di riforma del patto di stabilità non convince e di conseguenza non piace. In Parlamento europeo solo voci critiche, da ogni parte e da ogni schieramento. L’Aula riunita a Strasburgo non produce alcun apprezzamento degno di nota per il lavoro, comunque non semplice, svolto dal commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, assente causa influenza al confronto in Emiciclo. Da cui arriva solo il timido sostegno di Irene Tinagli (Pd/S&D), presidente della commissione Affari economici. “Le proposte vanno nella giusta direzione, ma va fatto di più per garantire gli investimenti pubblici, che servono per attrarre quelli privati”.
La questione dello spazio di spesa è motivo di critica trasversale. Dai banchi dei sovranisti Marco Zanni (Lega/Id), presidente del gruppo Identità e democrazia, fa notare come nell’attuale proposta di revisione del patto di stabilità “non si da spazio agli investimenti, il che rende difficile la transizione verde”. In questa speciale coalizione d’occasione irrompe anche Philippe Lamberts, co-presidente dei Verdi, che chiede nei fatti l’introduzione della cosiddetta ‘golden rule’, la possibilità di non calcolare a deficit le spese per riforme e interventi strategici, in questo caso ‘green’. “Il problema non è il debito, ma il motivo per cui si produce”. Per questo “propongo che il debito sia valutato dal punto di vista climatico“. Tradotto: se si aumenta la spesa per la sostenibilità, allora si può chiudere un occhio.
Dai banche del Ppe si levano le critiche di Markus Ferber, tedesco della Csu, che boccia l’impianto di riduzione del debito in modo personalizzato e su traiettorie temporali ritenute troppo generose. “La Commissione ha concesso troppa flessibilità, quando non ha mai attuato le regole, dato che non ha mai imposto multe” ai governi con squilibri di finanza pubblica. “Il patto di stabilità non ha un problema di flessibilità, bensì di credibilità”. Rincara la dose Siegfried Muresan, vicepresidente dei popolari. “Solo con debito limitato possiamo dare una mano in tempo di crisi. Per questo chiediamo regole chiare, prevedibilità e che non vi siano esenzioni” alla regole comuni.
Si aggiungono i paletti posti dai conservatori. “Deficit e debito devono ridursi, anche per vincere la sfida dell’alta inflazione”, sottolinea Johan Van Overtveld. “Altrimenti il conto si scaricherà un’altra volta sui contribuenti”.
Parole e posizioni, quelle espresse da Ppe ed Ecr, che da una parte fanno temere prove tecniche di nuove alleanze in ottica delle prossime elezioni europee, e che dall’altro ripropongono il mai superato dibattito su austerità e flessibilità, rigore e spesa. “L’austerità è stata un disastro, e noi ci opponiamo ad un suo ritorno”, tuona Marc Botenga, de la Sinistra, preoccupato per il potere di verifica di Bruxelles. “E’ un ritorno al passato, con grandi poteri per la Commissione”. Una visione condivisa anche da Antonio Maria Rinaldi (Lega/Id). “Nella riforma del patto di stabilità avrà poteri enormi sulla determinazione delle politiche economiche dei governi nazionali, molto superiori al precedente Patto, non coinvolgendo neanche il Parlamento europeo”. Un aspetto contestato anche dal socialista Pedro Marques. “Un ruolo più forte della Commissione presuppone una maggiore responsabilità di fronte al Parlamento”.
La sintesi tracciata da Manon Aubry, co-presidente de la Sinistra, è che “ci vengono proposte idee vecchie. E’ la solita musica, della stessa orchestrina, quella de Titanic che suona mentre la nave affonda”. Si allinea a questa visione il Movimento 5 Stelle, attraverso Mario Furore. “Sulla riforma del Patto di Stabilità la posizione del governo tedesco è un tuffo nel passato che ci riporta agli anni bui dell’austerity”, a cui i pentastellati dicono ‘no’. E chiedono, al pari dei verdi, la ‘golden rule’ per le riforme verdi. “Senza risorse nuove gli Stati membri non potrebbero mai rispettare gli obiettivi europei del Green New Deal e della transizione sostenibile. Gli investimenti verdi vanno dunque esclusi dal calcolo del Nuovo Patto”.
In questa nuova riproposizione di visioni economiche a confronto, i liberali scaricano i falchi e sposano la linea della Commissione. “Le vecchie regole hanno dimostrato di non funzionare”, sottolinea Stéphanie Yon-Courtin (Re). “Servono traiettorie realistiche di riduzione del debito”, e ben venga la posizione della Commissione. A cui però rimprovera, al pari di socialisti, verdi, euroscettici e sovranisti, di aver tolto qualche margine di spesa. “Investimenti e riforme sono fondamentali. Occorre investire massicciamente per tradurre in pratica il Green Deal e giungere ad una autonomia strategica”.
Per ragioni diverse, dunque, il nuovo patto di stabilità scontenta praticamente tutti. La Commissione lo difende. “E’ una proposta equilibrata”, insiste Maros Sefcovic, commissario per le Relazioni inter-istituzionali facente le veci di Gentiloni. La presidenza svedese di turno del Consiglio assicura che tratterò il dossier in maniera prioritaria. Ma la ministra per gli Affari europei, Jessika Roswall, chiarisce la visione del governo. “La sostenibilità del debito è il primo passo per la crescita“. Parole che non vanno nel senso di un sostegno alle ragioni italiane, perché vicine alle istanze dei falchi del rigore.