Bruxelles – Pene minime comprese tra i 4 e i 6 anni, allungamento dei tempi per la prescrizione e soprattutto un’armonizzazione a livello europeo della legislazione sulla corruzione. La Commissione europea ha presentato oggi (3 maggio) un nuovo pacchetto anti corruzione, reso più che mai urgente dall’elefante nella stanza, quel Qatargate che ha minato la credibilità delle istituzioni europee agli occhi dei suoi cittadini.
La fotografia scattata dalla vicepresidente dell’esecutivo Ue responsabile dei valori e della trasparenza, Vera Jourovà, è impietosa e rende l’idea della necessità di agire con determinazione: “Quasi il 70 per cento dei cittadini europei pensano che la corruzione nel loro Paese sia dilagante, solo il 30 per cento pensa che il proprio governo la combatta con efficacia”. Ecco perché, nonostante a Bruxelles non abbiano “pillole magiche”, si è passati all’azione.
Secondo quanto previsto dalla direttiva varata dall’esecutivo Ue, tutti gli Stati membri dovranno dotarsi di un’autorità apposita e di standard comuni per combattere la “cancrena crescente” della corruzione, come l’ha definita il vicepresidente della Commissione europea Margaritis Schinas. Per costruire “una nuova cultura dell’integrità a tutti i livelli della società”, la definizione stessa di cos’è corruzione verrà ampliata e armonizzata, includendo l’appropriazione indebita, il traffico di influenze, l’abuso d’ufficio, l’ostruzione alla giustizia e l’arricchimento illecito.
Una volta definiti i paletti del reato, gli Stati membri dovranno armonizzare le proprie sanzioni. “Le pene per la corruzione all’interno degli Stati membri variano molto, si va da un minimo di tre mesi a un massimo di 15 anni“, ha sottolineato la commissaria Ue agli Affari Interni, Ylva Johansson, annunciando la scelta di portare le pene minime tra i 4 e i 6 anni. Aumentando contemporaneamente le tempistiche per la via d’uscita della prescrizione, che ad oggi rappresenta “un vero ostacolo” alla giustizia: i criminali infatti sfrutterebbero “i tempi lunghi delle indagini per arrivare alle prescrizioni”, ha spiegato Johansson.
Il riferimento al Qatargate si fa più esplicito quando il pacchetto passa ad affrontare le aggravanti, anch’esse da uniformare sul territorio comunitario. Tra le possibilità di inasprire la pena, il fatto che a commettere il reato sia un alto funzionario pubblico e che la corruzione avvenga a favore di un Paese terzo. Anche le procedure per rimuovere eventuali immunità politiche saranno riviste e velocizzate per permettere una tempestiva azione investigativa. “Sono convinta che il Qatargate siano fallimenti individuali, ma questo non significa che non dobbiamo fare di più. Questo è il motivo dell’adozione di questo pacchetto anti corruzione, che si applicherà anche alle istituzioni europee”, ha commentato a proposito Jourovà.
La proposta della Commissione prevede inoltre il lancio di un nuovo network, guidato dal commissariato agli Affari Interni e dalla sua titolare Ylva Johansson, per combattere la corruzione, che lavorerà a stretto contatto con le agenzie europee -Europol, Eurojust, Olaf- e gli Stati membri. Johansson ha annunciato che la prima riunione “sarà già a settembre” e che uno dei primi compiti sarà “stabilire le aree più a rischio”. Ad esempio i porti, le frontiere: “Almeno il 60 per cento dei gruppi criminali organizzati attivi un Ue usano regolarmente la corruzione come strategia e questi gruppi sono sempre più transfrontalieri”, ha ricordato la commissaria.
Ora la palla passa al Consiglio e al Parlamento Ue, che dovranno esaminare l’intero pacchetto. L’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, è stato chiaro a proposito: “Sta agli Stati membri all’interno del Consiglio di decidere sull’adozione di questo pacchetto, sono consapevole che ci sono prospettive differenti sull’utilizzo di sanzioni comuni contro la corruzione”, ha ammesso Borrell, lasciando però aperto più di uno spiraglio. “Sono sicuro che il lavoro della Commissione sarà la base di una discussione produttiva in Consiglio”, ha concluso.