Bruxelles – In 7 Paesi su 10 nel mondo la libertà di stampa non è soddisfacente. In occasione della Giornata mondiale della libertà di stampa, l’ong Reporters Sans Frontières (Rsf) ha pubblicato il rapporto annuale sullo stato di salute del giornalismo nei 5 continenti: una situazione ritenuta “buona” o “soddisfacente” solo in 52 Paesi su 180.
L’Unione Europea si conferma il porto sicuro per chi lavora come giornalista, con solo 6 Stati membri su 27 fuori dai 52 virtuosi. Fanalino di coda nell’Ue è ancora la Grecia, al 107esimo posto, mentre in testa alla classifica stilata da Rsf resta per il settimo anno consecutivo la Norvegia. I Paesi scandinavi continuano a fare scuola, con Svezia e Finlandia al quarto e quinto posto generale. Sul podio salgono per la prima volta l’Irlanda, seconda, e la Danimarca, terza.
L’Italia, nonostante un balzo in avanti dal 58esimo al 41esimo posto, secondo il rapporto presenta ancora diverse criticità: in particolare la tendenza dei giornalisti all’autocensura “per conformarsi alla linea editoriale della loro testata, per evitare cause per diffamazione o altre azioni legale, o per paura di rappresaglie da parte di gruppi estremisti o della criminalità organizzata”. Rsf evidenzia inoltre la “paralisi legislativa” che sta frenando l’adozione di “vari disegni di legge proposti per migliorare la libertà giornalistica”, ricordando che il reato di diffamazione deve ancora essere depenalizzato.
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A livello globale, il 2023 ha fatto registrare aumenti e cali senza precedenti da parte di diversi Paesi. “Questa instabilità è il risultato di una maggiore aggressività da parte delle autorità di molti Paesi e di una crescente animosità nei confronti dei giornalisti sui social media e nel mondo reale”, ha dichiarato Christophe Deloire, segretario generale di Rsf. Come ad esempio la Turchia, che ha perso 16 posizioni precipitando al 165esimo posto, dove Erdogan sta stringendo sempre di più le maglie dell’informazione in vista delle elezioni del prossimo 14 maggio. O il Senegal (104esimo), retrocesso di 31 posizioni principalmente a causa delle accuse penali intentate dallo Stato contro due giornalisti, e la Tunisia dell’autoritario presidente Kais Saied, la cui esplicita ostilità verso il sistema dei media ha fatto perdere ben 27 posizioni al Paese. I tre Paesi con la situazione più drammatica sono tutti in Asia: Vietnam, Cina e, a chiudere la classifica, la Corea del Nord.
“La volatilità è anche la conseguenza della crescita dell’industria dei contenuti falsi, che produce e distribuisce disinformazione e fornisce gli strumenti per produrla”, ha aggiunto Deloire. In 118 Paesi, due terzi di quelli valutati dall’Indice di Rsf, la maggior parte degli intervistati ha dichiarato che gli attori politici nazionali sono stati “spesso o sistematicamente” coinvolti in massicce campagne di disinformazione o propaganda.
Crescono le minacce digitali alla libertà di stampa
Questa attività di spionaggio, sottolinea Amnesty International, “può essere particolarmente dannosa per le giornaliste donne, che spesso devono affrontare attacchi basati sul genere e accuse di aver violato norme sociali, sessuali e morali”. Anche l’Alto rappresentante Ue per gli Affari Esteri, Josep Borrell, ha evidenziato l’aumento di minacce e attacchi, sia online che offline, verso le giornaliste: “il 73 per cento delle giornaliste donne ha subito minacce, abusi e molestie durante il proprio lavoro”, ha ricordato Borrell.
Secondo l’Unesco, nel 2022 sarebbero stati uccisi 86 giornalisti nel mondo e centinaia “minacciati e imprigionati”. Per la vicepresidente della Commissione europea, Vera Jourová, la tendenza generale è preoccupante, con “intimidazioni e violenze contro i giornalisti, pressioni politiche e commerciali sui media”. Per questo l’esecutivo comunitario ha messo sul tavolo il nuovo European Media Freedom Act “per salvaguardare l’indipendenza editoriale” e una legislazione contro le azioni penali (Slapp). “Oggi, e ogni giorno, sosteniamo con forza la libertà dei media e continueremo a lavorare per garantire che nessun giornalista sia minacciato nell’esercizio delle proprie funzioni”, ha promesso Jourová.