Bruxelles – Due buone notizie e un allarme sul rischio di una nuova escalation della tensione sul terreno. L’ultima riunione di alto livello del dialogo Serbia-Kosovo conclusasi nella tarda serata di ieri (2 maggio) a Bruxelles mette in luce tutti i chiari-scuri del complesso sforzo diplomatico dell’Unione Europea nel far sedere allo stesso tavolo e far trovare delle intese stabili e durature tra il presidente serbo, Aleksandar Vučić, e il premier kosovaro, Albin Kurti. “Siamo passati alla fase dell’implementazione”, ha sottolineato l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, in conferenza stampa, ricordando che si tratta del primo vertice di alto livello dopo gli accordi di Bruxelles e Ohrid.
Il maggiore risultato positivo registrato alla riunione di alto livello Kosovo-Serbia di ieri a Bruxelles è l’intesa sulla Dichiarazione sulle persone scomparse: “Ci impegniamo congiuntamente ad assicurare la piena attuazione dei rispettivi impegni nel campo delle persone scomparse”, si legge nel testo siglato dai due leader. La “stretta cooperazione” tra Pristina e Belgrado si estenderà nella “identificazione dei luoghi di sepoltura e nel follow-up degli scavi” e nel “pieno accesso a informazioni affidabili e accurate che aiutino a localizzare e identificare le restanti persone scomparse” nel periodo compreso tra il primo gennaio 1998 e il 31 dicembre 2000 (note, ordini, documenti classificati e non, video, audio, dati satellitari). Sarà incoraggiato “l’impegno attivo delle famiglie delle persone scomparse nel processo di identificazione della loro sorte”, garantendone i diritti e le esigenze. Sarà una Commissione congiunta presieduta dall’Ue a monitorare i progressi del Gruppo di lavoro ad hoc, i cui dettagli operativi saranno concordati nel corso della prossima riunione: “È giunto il momento di chiudere un capitolo doloroso”, ha sottolineato l’alto rappresentante Ue.
C’è poi il secondo “passo importante e simbolico”, ovvero quello per la creazione dell’Associazione delle municipalità serbe nel Paese. “Il gruppo di gestione, composto da serbi del Kosovo, ha finalmente presentato alle parti la prima bozza dello Statuto, non quella finale ma un punto di partenza”, ha reso noto Borrell, che non ha comunque potuto nascondere il fatto che Pristina e Belgrado siano “molto distanti” sulla natura dell’associazione/comunità di comuni a maggioranza serba in Kosovo: “Non mi aspettavo altro”, ma ciò che rende l’esito delle discussioni positivo è il fatto che Kurti e Vučić “hanno concordato di avviare i negoziati nel prossimo futuro“, ha cercato di tirare le fila di un discorso molto spinoso l’alto rappresentante Borrell.
Ma proprio sulla questione dei rapporti tra Pristina e la comunità serba nel Paese è stato suonato un campanello d’allarme sul rischio di naufragio di tutti i progressi raggiunti negli ultimi due mesi. “Ho espresso ancora una volta la nostra grave preoccupazione per la situazione nel nord del Kosovo a seguito delle recenti elezioni parziali con un’affluenza molto bassa“, è l’avvertimento di Borrell a proposito delle elezioni amministrative del 23 aprile: “Tenendo conto di questa bassissima affluenza, non offrono una soluzione politica a lungo termine, ma hanno il potenziale di portare a un’escalation e di minare l’attuazione dell’Accordo di Ohrid”, su cui proprio in questo mese di maggio si riunirà per la prima volta il Comitato congiunto di monitoraggio. Per evitare l’escalation sia il presidente Vučić sia il premier Kurti sono stati esortati a “trovare una soluzione che permetta ai serbi del Kosovo di tornare rapidamente alle istituzioni che hanno lasciato nel novembre dello scorso anno“. Entrambi i leader hanno riconosciuto la “gravità della situazione sul campo”, ha precisato l’alto rappresentante Ue, anche se “purtroppo oggi non sono riusciti a raggiungere un accordo“. Il pericolo è di trovarsi di fronte a una nuova “situazione critica” – come tra ottobre e dicembre dello scorso anno – nonostante gli strumenti di risoluzione delle tensioni ora siano tutti sul tavolo del dialogo.
Lo stato delle relazioni tra Kosovo e Serbia
È del 27 febbraio l’accordo di Bruxelles che ha definito gli impegni specifici che Serbia e Kosovo devono assumersi per la normalizzazione dei rapporti reciproci. Una proposta in 11 punti avanzata dall’Ue in qualità di più che decennale mediatrice di un dialogo complicatissimo e concordata da entrambi i leader dei due Paesi balcanici nel corso della riunione-fiume nella capitale dell’Unione Europea. I punti salienti dell’accordo di Bruxelles sono quelli rimasti impliciti, ma facilmente estrapolabili dagli articoli scritti nel documento: riconoscimento del Kosovo come Stato sovrano e istituzione dell’Associazione delle municipalità serbe nel Paese prevista dall’accordo del 2013 (mai implementato). Per quanto riguarda il primo aspetto si legge al punto 4 che “la Serbia non si opporrà all’adesione del Kosovo a nessuna organizzazione internazionale” e al punto 5 che “nessuna delle due Parti bloccherà, né incoraggerà altri a bloccare i progressi dell’altra Parte nel rispettivo cammino verso l’Ue sulla base dei propri meriti”. Il secondo aspetto prevede invece all’articolo 7 “accordi e garanzie specifiche” per “assicurare un livello adeguato di autogestione per la comunità serba in Kosovo”.
Nonostante il testo non sia stato effettivamente firmato, a renderlo vincolante per Pristina e Belgrado è stata l’intesa sull’allegato di implementazione (anche questo non firmato, ma con pesantissime conseguenze finanziarie messe nero su bianco in caso di mancato rispetto da parte di uno o entrambi gli attori), raggiunto dopo una sessione di 12 ore di riunioni bilaterali e congiunte a Ohrid (Macedonia del Nord). Di fondamentale importanza è il fatto che entrambi i documenti sono ora “parte integrante dei rispettivi processi di adesione all’Ue” e la loro implementazione (o meno) condizionerà l’aspirazione dei due Paesi a far parte un giorno dell’Unione, ma anche la decisione di organizzare una Conferenza dei donatori per definire un pacchetto di investimenti e aiuti finanziari per Kosovo e Serbia: sempre in caso di mancato rispetto degli obblighi, il sostegno economico sarà trattenuto da Bruxelles.
A poco più di due settimane dall’intesa di Ohrid, i due Paesi hanno messo a terra uno degli articoli dell’accordo di normalizzazione dei rapporti reciproci, ovvero quello sulla Dichiarazione sulle persone scomparse. Il via libera a Bruxelles risponde all’esigenza di dare risposta a un dramma sociale nei due Paesi balcanici: sono 1.621 su 6.065 complessivi i corpi delle persone scomparse tra il 1998 il 2000 che non sono ancora stati localizzati. A un mese esatto dall’accordo di Ohrid (alla scadenza dei 30 giorni fissati dal protocollo di implementazione) è stata invece finalizzata l’intesa per istituire il Comitato congiunto di monitoraggio presieduto dall’Ue, che servirà proprio a sorvegliare l’attuazione dell’accordo sul percorso di normalizzazione dei rapporti, secondo i riferimenti stabiliti dai leader a Bruxelles.
Dopo una serie di buone notizie tra Pristina e Belgrado (nonostante le costanti polemiche, le invettive politiche e gli attriti per le elezioni amministrative del 23 aprile nei comuni del Kosovo settentrionale, boicottate dalla componente serba con il supporto del presidente Vučić), a Strasburgo la tensione diplomatica è tornata a crescere. Il 24 aprile il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha dato il via libera alla domanda di Pristina di diventare il 47esimo membro dell’organizzazione internazionale, rinviando all’Assemblea parlamentare la decisione definitiva. Il semaforo verde ha scatenato le dure proteste di Belgrado – ancora contraria al riconoscimento del Kosovo come Stato sovrano – ma ha anche sollevato rimostranze sul fatto che la Serbia avrebbe violato proprio l’articolo dell’accordo che le impone di non opporsi alla richiesta di Pristina di aderire alle organizzazioni internazionali.