Bruxelles – Scadeva domenica (30 aprile) il termine indicativo dato dalla Commissione europea agli Stati membri per presentare a Bruxelles il piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) modificato e integrato dal capitolo ‘REPowerEU’, il piano presentato a maggio di un anno fa per affrancare l’Unione europea dalla dipendenza dai combustibili fossili russi.
Una scandenza “indicativa”, ma non per questo meno importante a cui però l’Italia – insieme ad altri 23 Stati membri – si è fatta trovare impreparata. Finora solo quattro Stati membri hanno avanzato a Bruxelles le loro richieste di modifica: Estonia (9 marzo), Francia (20 aprile), Malta (27 aprile) e Slovacchia (26 aprile). Tutti gli altri, compreso il governo italiano, sono intenzionati a prendersi più tempo fino all’ultima data disponibile per presentare la richiesta, ovvero il 31 agosto. Per ora non ci sono indicazioni da parte di Roma su quando il piano rivisto sarà presentato a Bruxelles, anche perché il governo è attualmente impegnato in un confronto con l’esecutivo comunitario per l’esborso della terza rata di pagamento del Pnrr.
Ma intanto dopo varie indecisioni, l’Italia ha deciso di chiedere a Bruxelles di accedere ai prestiti inutilizzati da altri Stati membri del Recovery fund per finanziare il nuovo capitolo di ‘RepowerEu’ che entrerà nel piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) con precisi obiettivi di indipendenza energetica, anche se al momento l’esecutivo Meloni non ha ancora specificato l’ammontare preciso di questa richiesta.
Quando ha presentato il piano ormai un anno fa, Bruxelles ha stimato risorse disponibili per finanziare l’indipendenza dai combustibili fossili russi pari a 268 miliardi di euro, di cui 20 miliardi di euro divisi tra il 60 per cento con risorse dal Fondo per l’innovazione (12 miliardi di euro) e per il 40 per cento dall’anticipazione delle quote del mercato del carbonio, il sistema Ets (8 miliardi), che oggi sono ferme nella riserva di stabilità del mercato. Altre risorse in sovvenzioni potrebbero arrivare in sostanza dalla possibilità concessa ai governi di dirottare fino a 17,9 miliardi di euro dai fondi di coesione e fino a 5,4 miliardi di trasferimenti dalla Riserva di aggiustamento Brexit.
La Commissione Ue ha proposto infine di mettere a disposizione 225 miliardi di euro di prestiti non spesi dai governi dal Recovery Fund e redistribuirli tra tutti i Paesi che esprimono interesse a usarli, compresi quelli come anche l’Italia che hanno già speso tutta la loro quota di prestiti. E ha dato tempo ai governi fino alla fine di marzo per mostrare interesse a usare la propria quota di prestiti non richiesti, così da calcolare quante risorse di quei 225 miliardi potrebbero effettivamente essere redistribuiti. Come previsto, le risorse vanno riviste al ribasso: stando ai numeri forniti dai due commissari, la Commissione ha ricevuto richieste di usare prestiti ulteriori per un totale di quasi 148 miliardi da 10 Stati membri. Questo significa in sostanza che della quota inizialmente prevista resterebbero a disposizione circa 77 miliardi di prestiti inutilizzati per i Paesi come l’Italia che hanno esaurito la loro quota, anche se la Commissione precisa che la cifra esatta sarà conosciuta solo alla fine di agosto.