Bruxelles – Riforma del patto di stabilità, e riforma del Meccanismo europeo di stabilità (Mes). Conti pubblici e loro gestione, banche e unione bancaria. Le riunioni informali di Eurogruppo ed Ecofin in programma nel fine settimana a Stoccolma (27 e 28 aprile) si annunciano incandescenti, per temi e protagonisti. Giancarlo Giorgetti e Christian Lindnder su tutti. I ministri economici di Italia e Germania hanno dossier scottanti tra le mani, e un diverso ruolo da giocare. Il primo, alle prese con una ratifica del Mes avvenuta ovunque ad eccezione dell’Italia, e che dovrà fare i conti con le inevitabili richieste di spiegazioni (che potrebbero anche riguardare la sconfitta della maggioranza oggi in Aula alla Camera sullo scostamento di bilancio)
Inevitabili perché nell’agenda dell’Eurogruppo si parla di unione bancaria, e in quest’ottica il Fondo salva-Stati potenziato avrebbe un ruolo non indifferente. Da accordo siglato a fine gennaio 2021, dall’1 gennaio 2022 il fondo salva-Stati avrebbe dovuto iniziare a fornire denaro al Fondo di risoluzione unico, istituito per ristrutturare o liquidare le banche in difficoltà. L’Ue è in ritardo, e adesso lo è a causa dell’Italia, unico a non aver completato l’iter di ratifica parlamentare. Il governo Meloni ha espresso pubblicamente l’intenzione di non volerlo portare a termine, e Giorgetti dovrà respingere assalti e assedio dei partner, sempre più spazientiti.
Il doppio appuntamento in Svezia è anche l’occasione per iniziare ragionamento e confronto sulla proposta di riforma del patto di stabilità. Una proposta che richiederà “un ulteriore dibattito”, ha messo in chiaro il ministro dell’Economia, tedesco, Christian Lindner, per nulla convinto di quanto messo sul tavolo dall’esecutivo comunitario. Si vede un allentamento eccessivo delle regole comuni, non accompagnato da “riferimenti numerici e soglie” che invece l’esponente dei liberali tedeschi avrebbe gradito.
La Commissione promette traiettorie tecniche di riduzione del debito, per la cui definizione attende però l’approvazione della proposta da parte di Consiglio e Parlamento Ue, auspicabilmente entro fine anno. Solo dopo, a quel punto per inizio 2024, Bruxelles si metterebbe all’opera per dire quanto deve fare ciascun Paese. Sono questi dettagli mancanti che vedono l’irrigidimento di Linder. “Dobbiamo garantire che l’economia in Europa sia stabile e superare gli elevati debiti e deficit”. Siccome, scandisce, “la Germania non può accettare proposte che equivalgano ad un ammorbidimento del Patto di stabilità e crescita“, ne deriva che “nessuno dovrebbe pensare che l’approvazione del governo federale è automaticamente assicurata”.
E’ con questo spirito che la Germania si siede al tavolo. Un tavolo di confronto, come tutti quelli informali, che potrebbe tornare a dividersi tra i due tradizionali club, quelli del rigore e quelli della spesa. A Bruxelles provano a rassicurare. Si chiarisce che sarà data attenzione alla spesa netta di governo, unica voce che risponde al controllo degli Stati. Perché, spiegano nella capitale dell’Ue, le entrate possono fluttuare a seconda dell’andamento economico generale, che non possono essere gestiti dagli esecutivi nazionali. La spesa, invece, sì. Ed è qui opererà la valutazione della Commissione. L’introduzione dell’obbligo di un rapporto deficit/Pil entro il 3 per cento, con la conseguente correzione dello 0,5 per cento l’anno in caso di eccedenza, interviene proprio su questo: la spesa pubblica netta. A Berlino però si respira aria di scettiscismo.