Bruxelles – Bulgaria, Francia, Repubblica ceca e Slovacchia. Poi ancora, Romania, Polonia e anche Italia. Aumentare la capacità di produzione bellica in Unione europea: questa la ragione che ha spinto il commissario europeo al mercato interno, Thierry Breton, a organizzare nell’ultimo mese e mezzo un vero e proprio tour nelle principali capitali europee per capire quali sono le potenzialità per aumentare la capacità di produzione industriale a livello europeo. “Stiamo lavorando a una proposta, che speriamo possa essere discussa nei prossimi giorni”, ha rivelato oggi (27 aprile) il Commissario in una conferenza stampa, senza fornire ulteriori dettagli sui tempi della proposta. “Stiamo lavorando per essere pronti, oggi sono fiducioso che abbiamo una base molto forte e solida, ma naturalmente dobbiamo aumentarla”, ha detto.
Dieci in tutto i Paesi dell’Ue in cui si è recato Breton, che nel pomeriggio è arrivato anche in Grecia e nei prossimi giorni farà tappa ancora in Spagna e in Germania. Nel contesto della guerra di Russia in Ucraina, gli Stati membri Ue hanno invitato la Commissione europea a presentare una proposta per potenziare con urgenza l’aumento della capacità produttiva dell’industria europea della difesa, garantendo le catene di approvvigionamento, agevolando le procedure di appalto e anche porre rimedio alle carenze di capacità produttiva e promuovere gli investimenti. Anche, eventualmente, mobilitando il bilancio dell’Unione europea.
Breton ha fatto tappa in Bulgaria il 15 marzo, in Francia il 20 marzo, poi ancora in Repubblica ceca e la Slovacchia il 22 marzo, in Polonia il 27 marzo, in Romania il 12 aprile. Il 13 aprile scorso Breton ha visitato anche l’Italia, incontrando il ministro della difesa, Guido Crosetto, e la premier Giorgia Meloni. In Italia Breton ha visitato la sede di Colleferro dell’azienda Simmel Difesa, poi quella di Leonardo a La Spezia. E’ poi stata la volta della Svezia il 19 aprile e Slovenia e Croazia il 20 aprile. Il tour europeo di Breton – che dovrebbe concludersi nei prossimi giorni – serve a valutare le esigenze dell’industria della difesa e considerare eventualmente un ulteriore sostegno finanziario, possibilmente anche attraverso fondi dell’Ue, e affrontare possibili colli di bottiglia della catena di approvvigionamento.
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Il problema si è posto da quando è iniziata la guerra in Ucraina e diversi Stati hanno iniziato a inviare munizioni a Kiev per la difesa. A Bruxelles è finora mancata l’idea di una vera e propria industria europea della difesa, che rimane una competenza nazionale. In ogni Paese ha incontrato esponenti del governo e poi rappresentanti delle industrie della difesa. E ora sembra che la Commissione sia pronta a svelare i dettagli del piano. “Abbiamo una solida base industriale, sia a Est, sia a Nord e anche a Ovest dell’Europa, comprese ovviamente l’Italia, la Spagna e la Grecia. Abbiamo un piano ed è assolutamente necessario mantenere il nostro impegno perché sappiamo che questa guerra è ancora in corso. Come ogni guerra, abbiamo qualche incertezza. E il ruolo delle munizioni è assolutamente fondamentale”, ha aggiunto il commissario.
L’obiettivo di aumentare la capacità industriale della difesa è uno dei tre pilastri del piano concordato dai ministri degli Esteri lo scorso 20 marzo per consegnare all’Ucraina nei prossimi dodici mesi almeno un milione di munizioni di armi per difendersi dall’aggressione della Russia cominciata il 24 febbraio di un anno fa. Il piano stabilito a marzo dai ministri dell’Ue si articola in tre fasi: un miliardo di euro mobilitato per la consegna immediata di munizioni attraverso le scorte degli Stati membri, un altro miliardo di euro per gli acquisti congiunti di armi e infine un aumento della capacità di produzione bellica a livello europeo. La prima fase del piano prevede di fornire munizioni di emergenza all’Ucraina, che sta affrontando carenze, attingendo alle scorte esistenti degli eserciti europei. Per compensare le risorse militari mobilitate per Kiev, i ministri hanno deciso di mobilitare il miliardo di euro citato da Borrell mobilitando i fondi dello strumento europeo per la pace (European Peace Facility), un fondo fuori dal bilancio europeo e utilizzato dall’inizio della guerra per rifornire di armi l’Ucraina. La svolta storica riguarda però la seconda componente del piano, che prevede di far acquistare agli Stati congiuntamente le munizioni, sul modello degli acquisti di vaccini e ora di riserve di gas.
Mentre sul primo pilastro, secondo Borrell, l’Ue sta procedendo spedita e ha consegnato a Kiev “più di mille missili e un numero di munizioni che sta crescendo”, sugli acquisti congiunti e sulla produzione bellica europea le cose procedono a passo meno spedito, anche a causa di qualche attrito tra i Paesi membri. All’ultima riunione degli Esteri che si è tenuta a Lussemburgo, è emerso che più di tutti sarebbe proprio la Francia ad essersi impuntata, chiedendo che l’aumento delle risorse finanziarie previste per l’aumento della capacità di produzione bellica vengano garantite solo per le aziende che producono interamente in Europa. L’Eliseo si sarebbe opposto anche all’idea di utilizzare i fondi comuni europei per fare acquisti congiunti in Paesi terzi alleati.