Bruxelles – Flessibilità sui tempi di riduzione del debito in cambio di riforme vere, efficienti ed efficaci, e dimostrazione dell’impegno nella diminuzione dei disavanzi pubblici. La Commissione europea conferma quanto anticipato, e la riforma del Patto di stabilità e crescita messa sul tavolo allenta i vincoli fin qui conosciuti. Allo stesso tempo però rafforza le verifiche a dodici stelle sull’operato dei governi, a cui vengono chiesti impegni precisi. Il primo, quello che più riguarda Paesi ad alto debito come l’Italia, è quello di un taglio del deficit dello 0,5 per cento l’anno se si supera il parametro di riferimento del 3 per cento. Una mossa, che va incontro, ma senza soddisfare del tutto, a chi, come la Germania, voleva impegni precisi addirittura fissati all’1 per cento. Un tentativo di compromesso per un testo che dovrà passare al non scontato vaglio del Consiglio dell’Ue, dove sulle questioni di economia e finanza è richiesta l’unanimità.
Il commissario per l’Economia, Paolo Gentiloni, sa che c’è tutto un lavoro da fare. “Ora dobbiamo creare un consenso tra gli Stati membri e il Parlamento europeo”, dice. “Auspico che si trovi un’intesa rapidamente perché la clausola di salvaguardia resterà sospesa solo fino alla fine dell’anno”. Ma ostenta ottimismo: “Possiamo farcela”.
La proposta della Commissione europea non è una riforma vera e propria del Patto di stabilità. I parametri di riferimento per il contenimento di deficit e debito in rapporto al Prodotto interno lordo, rispettivamente fissati al 3 per cento e al 60 per cento, restano in vigore poiché incardinati all’interno dei trattati che regolano il funzionamento dell’Unione. Per poterli modificare occorrerebbe riaprirli, attraverso una procedura lunga e tortuosa. Il team von der Leyen produce dunque una proposta di accordo politico per l’attuazione del patto giuridico.
“Abbiamo bisogno di regole di bilancio adatte alle sfide di questo decennio”, sostiene la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, convinta che “le nuove regole contribuiranno a ridurre gli elevati livelli del debito pubblico in modo realistico, graduale e duraturo”.
PIANI NAZIONALI DI MEDIO TERMINE
La Commissione introduce il concetto di impegni di riduzione degli squilibri differenziati, sulla base delle diversa situazione Paese. Ognuno di questi dovrà presentare un piano a quattro anni. Il piano di medio termine dovrà assicurare gli aggiustamenti di bilancio necessari per una riduzione “plausibile” del debito e garantire che il livello deficit/Pil resti sotto la soglia del 3 per cento nel medio periodo, spiegare come garantirà la realizzazione di investimenti e riforme in risposta alle principali sfide individuate nell’ambito del semestre europeo, e spiegare come garantirà la coerenza con il Piano per la ripresa (Pnrr). Una condizione, quest’ultima, che impone all’Italia di non perdere tempo e di evitare di agire come fatto finora, con un’attuazione del Pnrr contestata tanto da vedere la terza richiesta di pagamento in stallo. La Commissione può valutare se ulteriori adeguamenti sono necessari verso la fine del quadriennio di attuazione del Piano strutturale di bilancio nazionale a medio termine.
Uno Stato membro può chiedere di presentare alla Commissione un piano nazionale di bilancio a medio termine riveduto prima della fine del suo periodo di aggiustamento “se vi sono circostanze obiettive che ne impediscono l’attuazione o se la presentazione di un nuovo piano a medio termine è richiesto da un nuovo governo”. Prima della presentazione del piano strutturale di bilancio a medio termine nazionale riveduto, la Commissione presenta, in una relazione al comitato economico e finanziario, una nuova traiettoria tecnica.
PIU’ TEMPO PER RIDURRE IL DEBITO SE SI FANNO LE RIFORME
Gli impegni in materia di riforme e investimenti consentirebbero “un’estensione dell’orizzonte di aggiustamento di bilancio“, a condizione che soddisfino determinati criteri, come il rafforzamento della crescita. Il tutto dipenderà dalla capacità dei governi nel fare le riforme, e dalle valutazioni del caso della Commissione europea. Perché in questo rinnovato quadro di regole, come proposto, l’esecutivo comunitario avrà maggiore voce in capitolo.
“Al massimo” entro il 15 aprile di ogni anno ciascuno Stato membro dovrà presentare alla Commissione una relazione annuale sullo stato di avanzamento dell’attuazione del suo piano strutturale di bilancio a medio termine nazionale. La Commissione monitora l’attuazione del piano nazionale. In caso di riforme ben fatte il percorso di traiettoria del debito può essere portato da quattro fino a un massimo di sette anni.
“Abbiamo raggiunto un attento equilibrio dando ai Paesi maggiore flessibilità e titolarità dei loro obiettivi fiscali a medio termine, mettendo in atto salvaguardie per garantire la trasparenza e la parità di trattamento”, assicura il vicepresidente Valdis Dombrovskis.
DEBITO, PROCEDURE AUTOMATICHE
Per uno Stato membro con un debito superiore al 60 per cento del Pil, la procedura per deficit eccessivo basata sul debito verrebbe rafforzata. Per uno Stato membro che deve far fronte a notevoli sfide del debito pubblico, una deviazione dal percorso di spesa netta concordato comporterà automaticamente l’apertura di una procedura per i disavanzi eccessivi. In cambio si abbandona l’attuale parametro di riferimento per la riduzione del debito (la cosiddetta “regola del 1/20”, vale a dire la riduzione del ventesimo di eccesso ogni anno) , che ha imposto uno sforzo fiscale troppo impegnativo.
DEFICIT, DOPO IL 3 PER CENTO RIDUZIONE DELLO 0,5 L’ANNO
Se sul fronte del debito si concede delle flessibilità, sul deficit invece si mostra più intransigenza. Per chi sfora l’obiettivo del 3 per cento in rapporto al Pil, si prevede che il percorso correttivo della spesa netta è coerente con un aggiustamento annuo minimo di almeno lo 0,5 per cento del Pil come parametro di riferimento.
MULTE MENO SEVERE, QUINDI MULTE?
La proposta di modifica della Commissione mette mano anche alle multe che si possono comminare agli Stati per squilibri macroeconomici prolungati, in particolare le multe per deficit eccessivo. Con la nuova versione (da approvare) l’importo della sanzione pecuniaria ammonta fino allo 0,05 per cento del Pil (invece che 0,2 per cento secondo regole attuali) per un periodo di sei mesi ed “è versato ogni sei mesi fino a quando il Consiglio non valuta che lo Stato membro interessato ha dato seguito effettivo”. Si riduce dunque di tre quarti l’importo, rendendolo meno oneroso per gli Stati e per questo più sostenibile.
Una decisione che può indicare l’intenzione di procedere a multe. Fin qui mai sono state applicate multe agli Stati membri. Quando nel 2016 si decretò che Spagna e Portogallo avrebbero meritato la multa, alla fine questa fu decretata di importo ‘zero euro’. Una decisione di forma ma non di sostanza. Adesso l’abbassamento delle soglie può rendere la tagliola Ue davvero effettiva.
LE NUOVE REGOLE, SIMULAZIONI PRATICHE
Fonti comunitarie spiegano che con le regole proposte, facendo prime simulazioni, si richiederebbe all’Italia un aggiustamento dello 0,85 per cento su quattro anni ma 0,45 per cento su sette anni. Ne consegue che “per un paese come l’Italia c’è un forte incentivo per proporre un piano su sette anni”, sottolineano a Bruxelles. Facendo un paragone, con le regole attuali l’aggiustamento annuale che sarebbe richiesto al governo e quindi al Paese è dello 0,6 per cento. Questo 0,6 per cento si dovrebbe poi fare per un periodo più lungo finché l’Italia non raggiunge l’obiettivo di medio termine. Mentre l’attuale regola del debito che prevede la riduzione annua di un ventesimo dell’eccesso di debito, richiederebbe uno sforzo del 4,5 per cento all’anno per essere soddisfatta. “Le nuove regole proposte oggi configurano un aggiustamento molto minore di quelle attuali”. Una concessione all’Italia di Meloni. Chiamata a fare le riforme, soprattutto in materia di sostenibilità. Ma non solo.