Bruxelles – Revisione del mercato europeo del carbonio, Fondo sociale per il clima e tassa sul carbonio alla frontiere. Ultima chiamata e ultimo voto al Parlamento europeo, riunito fino a giovedì a Strasburgo, sui tre dei principali dossier del pacchetto climatico ‘Fit for 55’, su cui il Parlamento e il Consiglio hanno raggiunto un accordo politico a dicembre dello scorso anno. Tre fascicoli diversi, ma anche tre pilastri tra loro interconnessi e finalizzati a portare l’Unione europea sulla giusta traiettoria per ridurre le emissioni del 55 per cento entro il 2030 (rispetto ai livelli registrati nel 1990), come tappa intermedia per la neutralità climatica entro il 2050.
Il mercato del carbonio, il cosiddetto sistema di scambio di quote di emissioni Ets, è operativo in Ue dal 2005 e copre il settore energetico, industriale e i voli commerciali dentro l’Ue, obbligando poco più di 10mila centrali elettriche e fabbriche ad alta intensità energetica (come l’acciaio o la chimica) a comprare un permesso per ogni tonnellata di CO₂ emessa, come disincentivo finanziario per far inquinare di meno: meno inquini, meno paghi. Finora ha coperto circa il 40 per cento di tutte le emissioni dell’Ue. Il mercato si fonda su un numero assoluto di certificati di carbonio, che devono essere acquistati all’asta e possono quindi essere scambiati dai partecipanti al mercato, creando un prezzo per la CO₂.
Il sistema ha sempre conservato un numero annuale di permessi che vengono assegnati gratuitamente alle industrie, per evitare il rischio di delocalizzazione della produzione. L’intesa raggiunta tra i colegislatori alza l’ambizione sul taglio delle emissioni e prevede che i settori coperti dall’Ets le riducano del 62 per cento rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030 ed elimina gradualmente le quote gratuite che ancora vengono conservate: quasi la metà (48,5 per cento) delle quote gratuite nell’Ets sarà annullata entro il 2030, mentre saranno completamente eliminate entro il 2034 in contemporanea all’entrata in attività della tassa sul carbonio ai confini dell’Ue).
A partire dal 2024 saranno monitorate anche le emissioni derivanti dall’incenerimento dei rifiuti, per essere incluse nel mercato di emissioni dal 2028. Tuttavia, gli Stati membri hanno la possibilità di posticipare l’applicazione al 2030 dopo una dichiarazione. La riforma del mercato del carbonio su cui voterà l’Eurocamera riguarda anche l’inclusione delle emissioni di gas a effetto serra del settore marittimo nell’Ets e sulla revisione dell’Ets per l’aviazione. Parte centrale della riforma dell’Ets è la creazione di un secondo mercato del carbonio separato destinato agli edifici e al trasporto su strada (che viene conosciuto con la sigla Ets2) – su cui si sono concentrate le maggiori preoccupazioni per le possibili ricadute sociali – che sarà operativo dal 2027 con un prezzo del carbonio limitato a 45 euro fino al 2030.
Per accompagnare la transizione, l’Unione europea ha trovato un accordo per fare entrare in vigore un anno prima (dal 2026) un Fondo sociale per il clima da 86,7 miliardi di euro da mobilitare tra 2026 e 2032 finanziato con parte delle entrate di questo secondo mercato del carbonio, destinato proprio all’azione sociale per il clima che va dalla ristrutturazione degli alloggi sociali al sostegno diretto al reddito. I negoziatori si sono accordati su una clausola (il cosiddetto ‘freno di emergenza’) per cui se i prezzi dell’energia (petrolio e gas) sono superiori a 106 MW/h, che corrisponde al prezzo medio di febbraio e marzo dell’anno scorso il nuovo Ets non sarà introdotto nel 2027, ma solo un anno dopo. Per ricevere i finanziamenti, gli Stati membri presentati a Bruxelles dei ‘Piani per il clima sociale’, previa consultazione con le autorità locali e regionali, le parti economiche e sociali e la società civile. In maniera complementare allo scambio di emissioni interno all’Ue, la rivoluzione del ‘Fit for 55’ è data dall’introduzione di un meccanismo complementare per fissare un prezzo per le emissioni derivanti dalla produzione delle merci importate.
La terza componente del pacchetto è la tassa sul carbonio alle frontiere o, più tecnicamente, un meccanismo di aggiustamento del carbonio alle frontiere (Carbon Border Adjustment Mechanism – Cbam) che, una volta in funzione, obbligherà gli importatori ad acquistare certificati di CO₂, come fanno le industrie europee nel sistema europeo del carbonio, e porterà a eliminare definitivamente tutte le quote gratuite che ancora vengono rilasciate per non svantaggiare troppo le imprese europee dalla concorrenza internazionale. La tassa – che secondo Bruxelles non è una tassa ma uno strumento di diplomazia climatica per spingere l’ambizione climatica – in un primo momento ad alcuni settori a più alta intensità di carbonio: ferro e acciaio, cemento, fertilizzanti, alluminio, elettricità e idrogeno, nonché le emissioni indirette (ovvero le emissioni che non avvengono nel processo produttivo in sé, ma attraverso l’utilizzo di energia elettrica generata con combustibili fossili).