Bruxelles – L’Italia del ‘made in’ importa buona parte della carne che viene consumata. Nel Paese è ormai diventata consuetudine la specifica, sui prodotti alimentari, del ‘1oo per cento italiano’, e il governo Meloni ha voluto rilanciare in grande stile il settore con tanto di ridenominazione del ministero per le Politiche agricole divenuto anche dicastero per la sovranità alimentare. Ma la Corte dei conti europea conferma che buona parte della carne utilizzata in Italia in realtà viene da altri Paesi dell’Unione. “La produzione di carni bovine in Italia e Spagna dipende dai vitelli provenienti da altri Stati membri“, recita la relazione sul trasporti di animali vivi nell’Ue.
Proprio così. Nello speciale documento di 56 pagine c’è un box appositamente dedicato a questo aspetto. Qui viene ricordato che l’Italia produce carne di vitello e la Spagna produce carne di manzo, e che entrambi i Paesi utilizzano principalmente bovini di origine nazionale, “ma importano anche vitelli da altri Stati membri“. Nel caso tricolore per far fronte a una penuria di materia prima. “L’Italia importa bovini da aprile a giugno, per compensare l’offerta nazionale insufficiente in tale periodo e per assicurarsi la fornitura di carne di vitello quando la domanda interna è maggiore, in dicembre-gennaio“.
Quello che potrebbe finire nel piatto, sulla grigia del barbecue e magari anche nel menù del ristorante è dunque un ‘made in’ che pèuò non essere quello italiano. Con grande probabilità un ‘made in France’, visto che “la Francia vende la grande maggioranza dei propri bovini all’Italia“.
Il fenomeno non è limitato alla carne di vitello. Laddove si evidenzia che la domanda dei consumatori di carne locale, carne macellata da poco o di particolari tagli di carne, insieme alla domanda stagionale per specifici tipi di carne, “sono tutti fattori che possono incidere sulla necessità di trasportare gli animali”, si precisa che in tal senso “un esempio è dato dall’importazione di agnelli in Italia durante il periodo di Pasqua“. Agnelli che arrivano spesso dall’Ungheria. Mentre nello Stivale arrivano maiali olandesi e pollame tedesco.
Il problema della carne italiana meno italiana di quanto si pensa può dipendere anche dalla scomparsa di operatori del settore. In quindici anni, tra il 2005 e il 2020, in Italia si sono più che dimezzate le imprese dedite a pastorizia e allevamento. Una perdita che, per il made in Italy, pesa sulla produzione della carne.