Bruxelles – Il governo ammette: “Ad oggi non esistono coperture finanziarie disponibili” per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina. I soldi non ci sono, e viene messo nero su bianco nell’allegato ‘Strategie per le infrastrutture, la mobilità e la logistica’ del Def, dove comunque si ribadisce che l’opera è “non più rinviabile e considerata di assoluta strategicità da questo governo per l’Italia e per l’Europa nel suo complesso, in coerenza con il disegno dei Corridoi delle reti trans-europee di trasporto Ten-T”.
Servirebbero almeno 13,5 miliardi di euro, secondo il documento. A cui si aggiungono però le opere complementari e di ottimizzazione alle connessioni ferroviarie, lato Sicilia e lato Calabria, che dovranno essere oggetto del contratto di programma con Rfi. Costo stimato: 1,1 miliardo di euro, per un totale di 14,6 miliardi di euro. A cui vanno aggiunte le opere di ottimizzazione e complementari alle connessioni stradali, di minor impatto economico, ma ancora da definire. Tutte risorse non disponibili a legislazione vigente. “Pertanto, queste dovranno essere individuate in sede di definizione del disegno di legge di Bilancio”.
Un problema per il governo, che da Bruxelles, a bocce ferme, potrà ottenere al massimo un contributo per gli studi di fattibilità. Ma la maggioranza sempre aver trovato una via d’uscita, indicata sempre nell’allegato al Def. “Al finanziamento dell’opera si intende provvedere mediante le risorse messe a disposizione dalle Regioni a valere, in particolare, sui Fondi per lo Sviluppo e la Coesione“. Questo vorrebbe dire togliere almeno a Sicilia e Calabria, entrambe a guida Forza Italia, risorse destinate ad altro uso. Un scelta che rischia un scontro governo-regioni (di cui una, la Sicilia, a statuto speciale), e un confronto tutto interno alla maggioranza.
Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha fatto del ponte una priorità e non è disposto a rivedere la sua agenda. Per questo il governo non intende scaricare tutto l’onere sugli enti locali. L’allegato al Def assicura che arriverà “l’individuazione, in sede di definizione della legge di Bilancio 2024, della copertura finanziaria pluriennale a carico del bilancio dello Stato“, più “i finanziamenti all’uopo contratti sul mercato nazionale e internazionale”. Si esplorerà inoltre la via Banca europea degli investimenti e Cassa depositi e prestiti per cercare quei solidi che servono ma che al momento non ci sono.
L’ammissione del governo sulle coperture mancanti non fa che alimentare i timori in seno al collegio dei commissari. Paolo Gentiloni, responsabile per l’Economia, già aveva criticato il governo Meloni per pensare troppo al Ponte sullo stretto e troppo poco all’attuazione del piano per la ripresa. Lo stesso Gentiloni torna sull’argomento, da Washington, dove si trova per partecipare a forum internazionali e incontri istituzionali.
“Non possiamo rassegnarci all’idea di un livello di crescita allo ‘zero virgola’. Occorre lavorare a investimenti e crescita. Per l’Italia questo vuol dire Pnrr”. Una sottolineatura che ribadisce quanto già espresso. Si stanno sprecando energie per un progetto che agli occhi di Bruxelles, in questo momento, non è prioritario. Quanto all’ipotesi di caricare il costo del ponte sul bilancio dello Stato, anche qui Gentiloni frena. “Serve prudenza di politiche di spesa”. Quindi rincara: “E’ chiaro che in una situazione in cui c’è bisogno di crescita e investimenti, sopratutto verdi e digitali, e in cui non si può moltiplicare la spesa corrente per ragioni di inflazione e alto debito, il Pnrr è una grande occasione”.