Bruxelles – La notizia, arrivata con un giorno di anticipo rispetto a quanto pianificato dalla Camera di Consiglio di Bruxelles, ha colto tutti di sorpresa, forse anche lei. Eva Kaili, l’ex-vicepresidente del Parlamento Europeo accusata di corruzione, riciclaggio di denaro e partecipazione a un’organizzazione criminale nell’ambito dell’inchiesta denominata Qatargate, sarà trasferita agli arresti domiciliari dopo oltre 4 mesi di custodia cautelare in carcere. Ma sulle effettive tempistiche del rilascio non c’è certezza: secondo quanto riferito dal legale di Kaili, Mihalis Dimitrakopoulos, le autorità “stanno cercando il braccialetto elettronico” per l’ex-vicepresidente dell’Eurocamera.
Potrebbe essere già domani, o anche la prossima settimana. Dipende da quando sarà disponibile il primo dispositivo, che consentirà di controllare a distanza gli spostamenti di Kaili e che è già stato in passato oggetto di polemiche per il suo scarso reperimento. Anche Pier Antonio Panzeri, l’ex-eurodeputato al centro dello scandalo e ora collaboratore di giustizia, è uscito dal carcere solo questa mattina (13 aprile), nonostante il giudice Michel Claise gli avesse concesso gli arresti domiciliari il 6 aprile.
A raccontarlo è Dimitrakopoulos, che in mattinata ha avuto un colloquio di circa un paio d’ore con la sua assistita: “È in buono stato psicologico e aspetta con impazienza il momento in cui si aprirà la porta della prigione per tornare a casa e abbracciare sua figlia“. La bambina, figlia di Kaili e di Francesco Giorgi (già rientrato ai domiciliari ma in un’altra abitazione), ha vissuto dallo scorso 9 dicembre con il nonno materno.
Una volta a casa, la socialista greca “si batterà per dimostrare la sua innocenza“, ha garantito l’avvocato. Per questo Dimitrakopoulos si è detto “molto contento” che Kaili esca di prigione “senza aver confessato dei crimini che non ha commesso”. In altre parole, senza aver ceduto al pugno duro di Claise, il magistrato che per quattro mesi ha prorogato la sua detenzione, in attesa forse di un crollo psicologico dell’imputata.