Bruxelles – La Russia ‘cinese’. Con la guerra in Ucraina che prosegue e le sanzioni Ue che mordono, l’orso ha bisogno del dragone, che se da una parte viene in soccorso del Cremlino dall’altra penetra sempre più in quella che all’inizio del conflitto era l’11esima economia mondiale. Lo stop decretato dall’Unione europea al greggio (in vigore da dicembre 2022) e a seguire ai prodotti petroliferi (febbraio 2023) non ha fermato l’export della federazione russa. Anzi. La Banca centrale europea rileva che “il volume delle esportazioni russe di petrolio, il suo principale prodotto di esportazione, è effettivamente aumentato nonostante le sanzioni dell’Ue e del G7”.
La dinamica non sorprende. Mosca ha risposto all’azione dell’occidente reindirizzando i flussi dall’Europa verso la Cina e la Turchia, nonché verso nuovi partner commerciali in Africa, Medio Oriente e in India. Una riorganizzazione obbligata, per continuare ad alimentare economia nazionale e mantenere vivo la macchina da guerra. Ma pure una scelta che rischia di ridisegnare gli equilibri geopolitici. Perché, rileva la Bce, questo riorientamento del Cremlino “ha reso la Russia più dipendente da partner commerciali non sanzionatori, rendendo l’economia del Paese più fragile nel complesso”.
Un esempio su tutti è offerto dai ‘numeri’ della Repubblica popolare cinese. “A partire da gennaio 2023, la Cina da sola fornisce quasi la metà delle importazioni di merci dalla Russia“. Sopperisce, per quello che può, alla mancanza di quei prodotti che non arrivano più dall’Unione europea. Allo stato attuale, almeno a Francoforte rimane “poco chiaro” se le nuove importazioni siano della stessa qualità di quelle perse. L’industria russa faceva molto affidamento sui beni high-tech dei partner commerciali occidentali prima della guerra. Le sanzioni imposte a questi prodotti hanno fatto sì che non siano disponibili, siano stati sostituiti da alternative di bassa qualità o siano diventati molto più costosi.
Se da una parte questa vicinanza commerciale induce ad alimentare i timori peraltro diffusi della creazione di un blocco sino-russo, dall’altra parte si assiste ad uno sbilanciamento russo verso la Cina, a cui Gazprom ha comunque iniziato a vendere più gas compensando così “parzialmente” i mancati acquisti a dodici stelle. Una penetrazione commerciale cinese in territorio russo vorrebbe dire riscrivere gli equilibri economici della regione. Cosa che sta avvenendo. La Russia ‘cinese’ può essere la nuova realtà con cui dover fare i conti.