Bruxelles – Dopo oltre 120 giorni dallo scoppio del Qatargate, anche Eva Kaili, l’unica degli imputati a essere ancora detenuta, tornerà a casa agli arresti domiciliari, con la modalità del braccialetto elettronico. Domani (13 aprile) la Camera di Consiglio di Bruxelles si riunirà per la quarta volta per riesaminare la sua custodia cautelare ma, secondo quanto riportato dal suo avvocato, Sven Mary, la decisione sarebbe già stata presa. Il giudice istruttore Michel Claise avrebbe quindi ritenuto che non sussistono rischio di fuga, reiteramento del reato, inquinamento o distruzione di prove, le ragioni che giustificano la detenzione di una persona che è, a tutti gli effetti, ancora innocente.
“Non fornirò ulteriori commenti, oltre al fatto che che si tratta di una decisione logica che ha richiesto troppo tempo per essere presa”, ha dichiarato il legale dell’ex vicepresidente del Parlamento europeo, in carcere dallo scorso 9 dicembre con l’accusa di corruzione, riciclaggio di denaro e partecipazione a un’organizzazione criminale. In questi mesi Kaili non ha mai smesso di proclamare la propria innocenza, sostenendo di essere implicata nella vicenda solo perché compagna di Francesco Giorgi.
Le vicende giudiziarie del Qatargate
Quattro mesi fa, con il ritrovamento di oltre 1,5 milioni di euro in contanti nelle abitazioni di Eva Kaili e Pier Antonio Panzeri, la polizia belga dava il via alla più grande indagine che abbia mai coinvolto il Parlamento Europeo. Immediatamente rinominato Qatargate, lo scandalo di presunta corruzione tra i banchi dell’Eurocamera ha portato in pochi giorni al fermo e all’arresto di cinque persone: oltre alla vicepresidente greca, che non ha potuto ricorrere all’immunità parlamentare perché colta in flagranza di reato, e all’ex-eurodeputato socialista, sono finiti in manette anche Francesco Giorgi, compagno di Kaili ed ex-assistente parlamentare di Panzeri, Luca Visentini, segretario della Confederazione sindacale internazionale (Ituc), e Niccolò Figà Talamanca, presidente dell’ong No Peace Without Justice.
Per tutte le cinque persone accusate a vario titolo di aver ricevuto mazzette provenienti da Qatar e Marocco per influenzare le posizioni dell’Eurocamera su quei Paesi, il giudice istruttore Michel Claise ha scelto il pugno duro, negando il ricorso a misure di detenzione alternative e imponendo con fermezza la custodia cautelare in carcere. Per tutti tranne che per Visentini, rilasciato già l’11 dicembre dopo aver ammesso di aver ricevuto una donazione del valore di 50 mila euro dall’ong di Panzeri, Fight Impunity, per sostenere alcuni costi della campagna congressuale dell’Ituc.
Dopo due settimane di interrogatori alle prigioni di Haren e di Saint Gilles e perquisizioni in diversi uffici nella capitale belga, Claise ha aggiunto ufficialmente alla lista degli indagati gli eurodeputati del gruppo S&d Andrea Cozzolino e Marc Tarabella, chiedendo lo scorso 2 gennaio alla presidente del Parlamento Ue, Roberta Metsola, di avviare una procedura d’urgenza per la revoca dell’immunità parlamentare di cui godevano i due. Immunità revocata dall’Aula di Bruxelles in tempi record, il 3 febbraio.
Senza più scudo legale, per i due europarlamentari è stato immediatamente disposto l’arresto: mentre il belga Tarabella è stato accompagnato al carcere di Saint Gilles già il 10 febbraio, per Cozzolino, rientrato nel frattempo a Napoli, è stato emesso un mandato d’arresto europeo, a cui le autorità italiane risponderanno (forse) solo il prossimo 2 maggio. A questo punto, con tutte le tessere del puzzle a sua disposizione, Claise ha dovuto iniziare a fare i conti con le sempre più pressanti – e legittime – richieste da parte dei legali di riesaminare la custodia cautelare e disporre per lo meno gli arresti domiciliari. Prima però, il 2 febbraio, il magistrato si è convinto a rilasciare senza condizioni Figà Talamanca, scagionato dallo stesso Panzeri, divenuto collaboratore di giustizia.
L’accordo firmato con l’uomo ritenuto al centro dello scandalo ha cambiato le carte in tavola. Il 23 febbraio sono stati concessi gli arresti domiciliari a Giorgi, stabiliti il 7 aprile anche per lo stesso Panzeri, con la modalità del braccialetto elettronico. Entrambi avevano riconosciuto da tempo la propria colpevolezza. In carcere dunque, fino a ieri (11 aprile) erano rimasti i due indagati che continuano a definirsi innocenti: Tarabella e Kaili. Ma, ora che anche il deputato belga è tornato a casa con al polso il braccialetto elettronico, l’ex-vicepresidente del Parlamento europeo intravede una via d’uscita.