Bruxelles – Obblighi minimi di riduzione annua del debito pubblico in rapporto al prodotto interno lordo (Pil) di mezzo punto percentuale per chi ha un livello superiore alla soglia del 60 per cento e addirittura dell‘1 per cento per quei Paesi che, come Italia e Grecia, che sono ben oltre il valore di riferimento. La Germania infiamma dibattito e confronto politico sulla riforma del patto di stabilità con un documento di lavoro – che Eunews è riuscito a visionare – che, semmai dovesse passare, metterebbe in non poca difficoltà il governo Meloni. Una richiesta, quella del governo tedesco a guida Olaf Scholz, che riporta alla mente i tempi dell’austerità predicata dall’allora ministro delle Finanze, Wolfgang Schaeuble, sempre attento a regole e rigore di bilancio.
La Commissione europea, ricevuto il via libera di principio sulle nuove regole comuni in materia di governance economica, è attesa adesso alla presentazione della proposta legislativa vera e propria, che dovrebbe arrivare nelle prossime settimane, tra fine aprile e inizio maggio. E’ in questo solco di messa a punto che si inserisce il documento di lavoro (non paper) presentato da Berlino. E’ prematuro fare previsioni, non è chiaro se questa impostazione alla fine prevarrà, ma certo arricchisce il non semplice percorso e ripropone il mai davvero superato confronto tra austerità e flessibilità.
La richiesta tedesca ha una logica tutta teutonica. Berlino teme che la riforma prevista da Bruxelles allenti eccessivamente le regole, determinando traiettorie di riduzione degli squilibri di bilancio troppo personalizzati. Uno scenario che, da un’ottica tedesca, porterebbe a una situazione disomogenea. Di qui l’insistenza su obiettivi minimi vincolanti. Un’impostazione, quella della coalizione socialdemocratici-verdi-liberali non molto diversa da quella della Germania di Angela Merkel a guida Cdu.
Evidentemente il ‘principio recovery’ concepito dall’esecutivo comunitario non rassicura a sufficienza. Bloccare fondi in caso di mancate riforme strutturali e, soprattutto, taglio del debito, non è visto come deterrente sufficiente. Meglio imporre 0,5 per cento e 1 per cento di riduzione minima obbligatoria. Tanto più se ai Paesi potranno essere sette anni invee di quattro per correggere i propri conti nazionali.
Scholz e il suo ministro delle Finanze Christian Lindner più falchi di Merkel e Schaeuble, dunque? Certo è che questi ultimi guardavano con attenzione alla regola per cui, con un rapporto debito/Pil in eccesso rispetto al livello del 60 per cento, il tasso di riduzione debba essere pari ad 1/20 all’anno nella media dei tre precedenti esercizi. Il lupo cambia i numeri, ma non i principi.