Bruxelles – Lavorare davvero per migliorare il mercato unico europeo, invece di cercare scuse per ostacolarne l’evoluzione in positivo in nome dei propri interessi. Mario Monti, senatore a vita, già presidente del Consiglio e commissario europeo (Mercato interno, 1995-1999, e Concorrenza, 1999-2004), se la prende con gli Stati e i loro leader. Vedi nei capi di Stato e di governo la vera ragione per i limiti che ancora oggi contraddistinguono il progetto comune, e vede in particolare Parigi e Berlino come i principali artefici di mosse che non giovano all’Unione.
“Non possiamo permettere che alcuni Stati membri, in particolare quelli che sono stati in grado di creare un ampio margine di bilancio e quindi potrebbero spendere più denaro di altri in aiuti di Stato, provochino un collasso del mercato unico, che andrebbe a discapito di tutti”, afferma. Sceglie la conferenza sui 30 anni del mercato unico organizzata dal Comitato economico e sociale europeo (Cese) per il suo affondo, diretto e senza eccezioni.
“Coloro che hanno davvero a cuore l’esistenza e la protezione di un mercato unico funzionante dovrebbero puntare una luce sui capi dei governi nazionali, primi ministri e presidenti – scandisce – in modo che trovino più difficile nascondersi dietro le imperfezioni e gli ostacoli che in ultima analisi vorrebbero, in alcune occasioni, mettere in atto per proteggere le loro aziende, mentre predicando sempre che vogliono un mercato unico a tutti gli effetti e ben funzionante“.
C’è, secondo Monti, un problema di fondo: la classe dirigente agisce con troppo distacco. E’ sua convinzione che i politici non agirebbero davvero se non fosse loro addossata pubblicamente una qualche colpa, ed è in questo senso che il senatore a vita agisce. Accendendo quella luce di cui sente il bisogno soprattutto su Francia e Germania. Questi due Paesi “hanno esercitato pressioni congiunte chiedendo alle istituzioni dell’Ue di ammorbidire gli aiuti di Stato” per rispondere all’Inflation Reduction Act degli Stati Uniti. Scelta a suo giudizio sbagliata, visto che “l’Unione europea ha promosso la sua transizione verde per molti anni, rendendola uno dei pilastri fondamentali di NextGenerationEU”, e per questo “non si può dire che non abbia fatto nulla per le proprie aziende“.
Di fronte a un’Europa che predica apertura, multilateralismo e libero mercato, ci sono gli Stati che sembrano guardare da un’altra parte, decidendo di procedere “attraverso strumenti che potrebbero far crollare il mercato unico o renderlo meno efficiente”. Si gioca “pericolosamente” con gli aiuti di Stato, e questo “non è l’approccio giusto”. Ben venga quindi il compromesso su un quadro temporaneo “meno generoso” per gli aiuti di Stato rispetto a quanto inizialmente proposto.