Bruxelles – Tra gli oltre 400 milioni di cittadini europei che beneficiano della libera circolazione tra Paesi membri, senza sottoporsi a controlli di frontiera, ci sono anche i gruppi criminali legati al traffico di stupefacenti, alla tratta di esseri umani, alle frodi in materia di accise e alla cibercriminalità. Gruppi che, anno dopo anno, hanno saputo organizzare le attività a livello transfrontaliero, sfruttando a proprio vantaggio le libertà di circolazione di persone, merci e capitali dell’area Schenghen. Il 70 per cento della criminalità europea sarebbe infatti attiva in più di tre Stati membri.
L’evoluzione della criminalità transfrontaliera fa sì che sempre più spesso diversi Stati membri hanno giurisdizione per perseguire lo stesso reato. E questo comporta, nella babele di leggi nazionali che regolano i trasferimenti di procedimenti penali da un Paese all’altro, un rallentamento significativo della giustizia: procedimenti paralleli o multipli, casi di impunità in cui le persone ricercate non vengono consegnate al Paese che emette un mandato d’arresto europeo, ma anche violazioni dei diritti personali, in quanto una persona non può essere perseguita o punita due volte per lo stesso reato.
È in questo contesto che la Commissione europea ha adottato oggi (5 aprile) una proposta di regolamento sul trasferimento dei procedimenti penali tra Stati membri. Perché se “le attività criminali cambiano e si adattano alle nuove circostanze”, diventa fondamentale “continuare a modernizzare il nostro sistema giudiziario per garantire che sia pronto a rispondere alle sfide attuali, in particolare in un’Europa sempre più senza confini”, ha commentato Didier Reynders, Commissario europeo per la Giustizia. Le nuove regole comuni, che dovranno essere discusse e approvate dal Parlamento europeo e dal Consiglio prima di entrare in vigore, si pongono l’obiettivo di “fare risparmiare tempo, evitare la duplicazione delle azioni penali e l’impunità nei casi transfrontalieri”.
La proposta dell’esecutivo Ue comprende innanzitutto un elenco di criteri comuni per il trasferimento dei procedimenti e dei motivi che consentono di rifiutare tali trasferimenti. Stabilisce inoltre un termine temporale di 60 giorni – che possono diventare 90 in casi specifici – per le decisioni sui trasferimenti e regola i costi di traduzione dei procedimenti. Un intero paragrafo è dedicato agli obblighi relativi ai diritti degli indagati e degli imputati, nonché delle vittime. Il regolamento prevede infine che le autorità degli Stati interessati possano chiedere il supporto, in qualsiasi fase dei procedimenti, dell’Unità di cooperazione giudiziaria Ue (Eurojust) e del European Judicial Network (Ejn).